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ASCOLTARE I NOSTRI FIGLI, UNA MISSIONE SACRA

Categoria: Articoli
Tematiche: Adolescenza

L’ educazione è una complessa attività riflessiva: nessuno, credo, possa educare realmente un’ altro essere umano ma può, attraverso la rivelazione di se stesso , rendere partecipe l’ altro dei propri valori e dei propri progetti di vita.

Solo la testimonianza insegna veramente.

La grande responsabilità del genitore è questa : essere se stesso . Il genitore lo sa chi è “se stesso”? E’ cosciente dei suoi valori ? I suoi comportamenti sono coerenti con quello che afferma a parole o si aspetta da suo figlio ? Si impegna nel ricercare occasioni di scambio emozionale con suo figli ? Riflette sull’ effetto del suo atteggiamento  nei confronti del figlio ? Si interroga del rapporto di coppia e di come si comunicano tra genitori ? Sanno ascoltarsi e rispettarsi ?

I cambiamenti che si verificano nell’ arco della vita di un bambino, fino all’ età adulta, sono continui ed enormi : sono cambiamenti corporei, sul piano dei vissuti emotivi, sugli apprendimenti , dell’amicizia, dell’amore e del gruppo, sono tutte esperienze significative ed importanti da imprimere costanti  trasformazioni sia dell’ universo interiore sia nel rapporto con il mondo esterno. Come si può non considerare sacra una funzione-missione che ci pone al fianco di una vita che si trasforma? Quale compito più alto, importante e sacro, appunto, può essere affidato ad un essere umano ?

Come guide abbiamo il compito di conoscere quali modelli culturali la nostra società sta trasmettendo e degli effetti sulle persone.

Eccolo il  nuovo modello di potere-dominio : si stanno raffinando sempre di più nuove forme di consenso, nuove forme di controllo sociale  attraverso  quello che viene chiamato un conformismo disattento (Berardi).

Si insegna in modo sistematico e capillare  a non pensare, a non riflettere sulle cose essenziali della vita, ma a porre ogni sorta d’ attenzione a cose futili, banali ed irrilevanti. Viene impiegata ogni sorta di sofisticata tecnologia mediatica e di comunicazione di massa in cui si toglie valore ai valori ; attraverso quella che viene chiamata l’ imagineering , l’ ingegneria mediatica, si plasmano i bisogni, le aspirazioni e i sogni fin dall’ infanzia. E tutto è legittimato, perché adesso, a differenza del passato, lo sviluppo dell’ economia è decisamente superiore alla politica, all’ educazione, alla tutela dell’ ambiente e al benessere dell’ uomo e così il fine ultimo, a cui tutto viene sacrificato è il profitto.

Per far sì che sempre di più si diventi bravi consumatori ( per il bene della nostra economia e della nostra “felicità” ) e cittadini obbedienti alle leggi del mercato dobbiamo, da una parte diventare stupidi, non pensare e dall’ altra immergerci in un miele mediatico  materialista costruendo una rete energetica (tipo zucchero filato ) che ci avvolge in un’illusione consolatoria socialmente condivisa.

Siamo di fronte alla diffusione, su scala planetaria  di un etica mercantile (malsana ). L’ economia, attraverso le potenti corporation, determinano i modelli e i comportamenti dominanti su tutto : disonestà, ingordigia, egoismo, qualunquismo, gratificazione immediata.

In un clima del genere si può bene capire come la nostra anima soffra perché sta vivendo in una miseria che è soprattutto spirituale.

Questo clima culturale ci rendi ciechi, ci fa vivere in un deficit di consapevolezza su che guide siamo per i  nostri figli, che modello proponiamo – ma non attraverso quello che diciamo ( “fai quello che ti dico”) ma attraverso quello che facciamo e sentiamo dentro ( “fai quello che faccio”).

I primi governanti (politici) che il bambino incontra siamo noi!

La nostra è una grande responsabilità : quella di fare il mestiere più potente e affascinante che ci sia, allevare figli, il mestiere di crescere insieme ai figli.

In un fumetto un supereroe afferma che “da un grande potere derivano grandi responsabilità”. La nostra responsabilità è quella di impegnarci ( o no ) a

preparare il  terreno  adatto alla loro crescita – e ditemi se questo non è

un mestiere sacro, con una missione sacra.

Parabola del seminatore :  < Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola:”Il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’ altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’ altra cadde in  mezzo alle spighe e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’ altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”. Detto questo, esclamò : “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” > ( Luca, 7,44)

 

Il seme ha già in sé il miracolo dell’ identità e provvede da solo al proprio percorso di crescita. Il seminatore o giardiniere (o genitore) non devono far crescere il seme .

Il seme racchiude in sé la magia della vita – il bambino ha già in sé la luce e

una sensibilità profonda di quello che accade intorno a lui – sente già tutto.

Ma se il seme non va in profondità viene beccato dagli uccelli, se trova un

terreno pietroso le radici crescono velocemente ma non vanno in profondità, se il

terreno è pieno di spine e gramigna le radici sono  soffocate ; ma quando il seme trova un terreno fertile e profondo la pianta cresce e dà frutti.

E cosa occorre per preparare un terreno fertile?

Rivolgetevi ad un giardiniere.

Immaginate…..riflessione, cura, tempo, capacità, impegno e  interrogazione, sviluppare un ‘ etica umanistica che metta al centro l’uomo, il bambino come soggetto da ascoltare, conoscere e aiutarlo nella sua crescita spirituale.

 

Come diceva qualcuno, non fa di noi un genitore il fatto di avere un figlio

come possedere un pezzo di terra non fa di noi un giardiniere o possedere un pianoforte non fa di noi un musicista.

Bisogna impegnarci molto per imparare a coltivare, suonare e questo vorrei che fosse

scontato tra chi si appresta a fare il genitore. Lo sbaglio, la difficoltà, la

fatica, fanno parte del percorso è l’ inconsapevolezza di sbagliare,di essere in difficoltà, di faticare come condizione normale che non ci permette di chiedere aiuto, ricercare condivisioni e collaborazioni utili a migliorarci e migliorare il rapporto con i nostri figli.

Ma quale musica è importante imparare a suonare ?

Una tra tutte, l’ ascolto profondo – chi si sente capito e compreso ha buone possibilità di sviluppare fiducia in se stesso e negli altri e stima di sé.

L’ ascolto profondo è un’ attività complessa che va gradualmente appresa.

Buber ,teologo ebreo che ha descritto un cammino esperienziale verso la

trascendenza,  diceva :  “ Dio si trova nell’ incontro con l’Altro”.

Dio si trova nell’ incontro-ascolto con nostro figlio.

Il vero ascolto  transita amore – non inquinato dal possesso, dai ricatti affettivi  o dalle nostre  rigide aspettative su come dovrebbero essere e cosa dovrebbero fare.

L’ amore  fa sentire il valore della dignità umana ( diversa da quella sociale)

La dignità umana si comincia a percepirla quando ci sentiamo amati di per sé, non per quello che facciamo ma per quello che siamo.

Il rispetto per la dignità umana rende sacra la vita umana. Sentiremo la gioia dell’ esistenza indipendentemente dal lavoro che facciamo, dalla posizione sociale che abbiamo e dalla quantità di zeri del nostro conto in banca.

Semplificando, si possono individuare quattro aspetti dell’ ascolto.

1)     Per un genitore ascoltare un figlio significa  imparare ad ascoltarne il percorso di crescita, lasciarsi affascinare dai continui cambiamenti che avvengono  nel suo mondo. La “nascita” del figlio implica sempre una una crisi : un riconoscimento di essere diversi dal mondo genitoriale.

Riusciamo a trasmettergli il coraggio di seguire la sua natura ( o spesso c’è l’invito a piegarla per ragioni di sicurezza ) ?

Come educatori viviamo, spesso, nell’ angoscia della diversita’ , la paura che sia diverso da noi : bisogni, desideri, comportamenti e reazioni.

Viviamo il contatto con la diversità, l’ essere distinti, come separazione, come l’ essere separati, lontani ed estranei all’ altro.

Genitori e figli sono distinti ma non separati.

 

 

2)     In secondo luogo per un genitore ascoltare il figlio vuol dire osservare il suo volto, le sue espressioni, ascoltare il suo pensiero. Il figlio si sta costruendo il suo specifico modo di incontrare il mondo, di comprendere la realtà che lo circonda. Si tratta, quindi, di cercare di entrare in empatia (non necessariamente condividere), con il modo di essere, di esprimersi e di pensare del figlio. Il genitore può imparare a mettere da parte il proprio Ego ( sempre egocentrico) e calarsi nei panni del figlio per capire quello che vive, per sentire quello che prova, per comprendere il significato di quello che sta dicendo. Il genitore ha questo compito affascinante di imparare gli elementi del “lessico base” di suo figlio.

“ Abbiamo scoperto che ben pochi genitori sanno parlare con i figli :

spessissimo succede che il genitore parli al figlio. Il modo è amichevole, è

vero, ma, ciò nonostante gli fanno una predica. Parlando “ai” nostri figli

intendiamo spiegare come intendiamo che vengano fatte le cose. Palando

con” i nostri  figli cerchiamo insieme a loro delle idee su quanto si possa

fare per risolvere un problema o per migliorare una situazione. Così i

bambini  hanno una parte creativa nella costruzione dell’ armonia familiare e

si rendono conto di darvi il  proprio contributo. “

( R. Dreikurs, “I bambini una sfida” )

Possiamo  interrogarsi sul nostro modo di comunicare con i nostri figli ?

3)     In terzo luogo per un genitore ascoltare il figlio significa cogliere l’ attimo. Non esistono sempre momenti specifici per ascoltare, non sempre possiamo stabilire il luogo e il tempo dell’ ascolto. Le vicende della vita quotidiana  non sono così razionalizzabili . La necessità di essere ascoltati su vicende, problemi e fatti che ci sono accaduti, emotivamente non è sempre rimandabile a un qualche momento successivo. L’ urgenza di esprimersi può avvenire prima di cena, prima di entrare a scuola, durante un viaggio in auto. Cogliere l’ attimo vuol dire riconoscere il grande valore della richiesta di ascolto, l’ atto che nostro figlio fa con quella richiesta : ha bisogno di condividere vissuti emotivi che ancora non è in grado di contenere e si affida a noi per condividerne i contenuti. Le relazioni hanno momenti di imprevedibilità che, credo, sia importante cavalcare e “sfruttare” al meglio per crescere insieme. Tutti i giorni, anche per cose insignificanti, ci troviamo a cambiare programma: una coda di troppo, un ritardo di treno, una spesa imprevista, etc. Allenarsi a vivere al meglio gli imprevisti significa avvicinarsi sempre più alla vita vera e cogliere le opportunità che quella deviazione del percorso ci consente. Quante volte se per qualche ragione facciamo una strada diversa dalla solita o andiamo a pedi là dove avremmo dovuto andare in auto, scopriamo cose nuove, spesso, inaspettate e interessanti. Non sempre la risposta “ Ne parliamo domani” ( ammesso che domani ce lo ricordiamo) è quella che valorizza la proposta di dialogo e scambio che ci viene proposto.

4)     In quarto luogo ascoltare il figlio vuole dire essere nello stato d’ animo di aiutarlo quando manifesta dei disagi, della sofferenza o una qualche situazione di crisi ( a scuola, con gli amici, nell’ apprendimento,  etc). Ascoltarlo significa cercare di farsi dire dal figlio come vive il problema e sospendere ( almeno per 10 minuti!) i giudizi, le spiegazioni, i nostri criteri come dovrebbe viverlo,consigli,  renderlo meno importante di come è ai propri occhi, etc. Come guide dovremmo essere consapevoli di quali messaggi mandiamo pur di fermarsi e ascoltare i nostri figli veramente senza immettere, spesso così pesantemente, i nostri schemi interpretativi di una situazione vissuta da loro.                       Solo l’accettazione del disagio per come esso è vissuto, espresso e considerato permette, in un secondo momento, di guardare insieme il contenuto che ha generato tanta sofferenza ed aiutare il figlio a trovare una soluzione.

In questa operazione di ascolto della sofferenza la società non ci aiuta : siamo di fronte ad un esitamento fobico della sofferenza, non c’è tolleranza alle frustrazioni , c’è una generalizzabile abbassamento della soglia di sopportabilità al disagio e alle sfide della vita. La vita deve essere gratificazione; la morte, la malattia, i problemi, la fatica si fa di tutto per evitarli, sfuggirli con attività più allettanti e soprattutto il possesso di cose materiali. Così non si rinuncia a nulla , “devo avere tutto”, ( tutto quello che averlo mi fa stare bene così come promesso dalla pubblicità) altrimenti soffro di mancanza. I figli, così, allenati, a rispondere ai disagi e agli interrogativi con beni materiali rigetteranno i genitori e gli adulti perché non gli danno abbastanza; questo per loro è il vero problema!.

 

“I figli non voi li crescete, ma essi crescono voi. Sono essi i vostri educatori, perché attendono che voi siate nel bene prima di imitarvi. E quando dite : Daremo la vita a un figlio, sapete quale vita state dando ? Non la loro, ma la vostra. Se non avete compreso questo , meglio sarebbe serrare i fianchi e proseguire oltre. E quando dite : I figli sono la nostra croce, rallegratevi che essi vi abbiano inchiodato impedendovi di finire nel baratro. Ed anche quando dite: I nostri figli ci tolgono un mucchio di tempo, domandatevi se tutto quel tempo che vi viene tolto sarebbe impiegato meglio. Nella loro infanzia ascoltate i vostri figli, perché sui loro visi è ancora impigliato qualche frammento del sorriso con cui li hanno rivestiti gli angeli. Nel tenerli per mano , non date loro fretta, ma camminate al loro passo, perché vogliono guarirvi dal vostro correre. Non fate ad essi doni, ma donate voi stessi. I doni sono il vostro alibi per non regalare voi a loro. Consegnatevi nelle loro mani, perché hanno quella saggezza che voi perdeste. Chiamateli per nome, ed essi chiameranno il bimbo in voi, quello che da soli non riuscivate a rianimare, e lo faranno giocare nel giardino della Vita. E nella loro adolescenza ascoltate i vostri figli. Gran parte del muro che in quei giorni spesso vi oppongono non l’ hanno costruito coi loro mattoni ma coi vostri.  Non chiedete ad essi cose che non fate. Se siete saggi vi basterà essere voi stessi. Ma se non lo siete, non saturateli di limiti senza indicare loro le mete, bensì mostrate di queste la bellezza, e otterrete di più che non mostrando i pericoli di eventuali abissi. Non affliggetevi se educandoli alle regole essi non le rispetteranno. In realtà tremerebbero di paura se tali regole non vi fossero. Le loro trasgressioni sono per collaudarne la veridicità. Altre volte per reclamare invece il vostro rimprovero, a testimonianza del vostro amore per loro. Se vi feriranno è perché avete porto loro la vostra vulnerabilità. O perché avete dato senza insegnare a dare. Talvolta sbattendo la porta vi lasceranno, ma anche se li vedete partire, le navi con cui salpano hanno stive colme dei doni consegnati dalle vostre parole buone. E alla prima tempesta vi si rifugeranno. Voi siete i seminatori dei loro campi, non i raccoglitori dello loro messi. E la vostra missione consiste nel donare sempre, anche quando la lama della loro libertà vi taglierà le mani. Nella loro giovinezza, infine, ascoltate i vostri Figli. Con stupore scoprirete che vi hanno superato, che la loro nave oltrepassato tutti i primi scogli, ed ora non ha che davanti lo scoglio più pericoloso : voi. Saranno infatti chiamati lungo vie di realizzazione che voi non conoscete, e ciecamente sbarrerete loro le strade. Ma alla pianta è dato di generare, e non di contenere ciò che genera. Ritenete i vostri progetti più grandi dei progetti che ha la Vita ? Non tratteneteli,dunque. Avete donato loro la vostra vita : ora riprendetevela, donando loro di rinunciare a trattenerli. Sgombrate il vostro cuore da ogni brama di ricevere, perché se il vostro flauto non è cavo, la rinnovata melodia della Vita non potrà attraversarlo. Se vivrete questa perfetta donazione, saprete amarli nel loro nuovo aspetto, e allora, siano figli del vostro stesso sangue, o siano essi figli scelti dal cuore, avrete compiuto il terzo passo della vostra crescita. Potreste così udire le note universali trapassarvi dentro, e capirete che attraverso di voi la Vita ha composto un nuovo canto”.

( Il profeta del vento di S. Biavaschi, Edizioni San Paolo)

 

Bibliografia

 

F. Berardi Bifo, “ Media invadenti, politica impotente” ed Liberazioni

A.H.Maslow, “Verso una psicologia dell’ essere”, Astrolabio

E.Fromm, “Psicoanalisi della società contemporanea” Ed. di Comunità

E.Fromm, “I cosiddetti sani”, Mondatori

Bettelheim  B., Un genitore quasi perfetto, Feltrinelli

Miller A., Il dramma del bambino dotato, Boringhieri

Olivero Ferraris A., Crescere, Rizzoli

Veggetti Finzi S., Il romanzo della famiglia, Mondadori

M. e N. Ammanniti, Nel nome del figlio, Mondadori

G.P. Charmet, I nuovi adolescenti, Raffaelli Cortina Editore

A. Marcoli, Il bambino arrabbiato, Mondadori

G.Gubrieri, S.Landi, G. Piagentini ,  Lettere dal limbo , Morgana Edizioni

D. Goleman , Intelligenza emotiva, Bur saggi