“Caro dottore, sono una madre adottiva di un ragazzino di 12 anni e sono veramente esasperata dai comportamenti di mio figlio. Sono disponibile e amo mio figlio con tutto il cuore ma da almeno un anno non riesco più a gestirlo, è una ripetute e continua ribellione: dalle cose più semplici ed elementari, come mettere a posto le scarpe o vestirsi, all’impegnarsi nello studio e rispondere male, in modo offensivo. Quando gli parlo si chiude e non mi risponde, mi dice di lasciarlo in pace. Ha continue pretese, vuole determinati giochi o certe marche di vestiti dicendo che ce l’hanno tutti. Io e mio marito stiamo, adesso, tentando di cambiare il metodo. Siamo stati sin troppo accondiscendenti e d’ora in poi dovrà guadagnarsi le cose che gli concediamo, non faremo nulla al suo posto ed esigiamo spiegazioni per il suo atteggiamento, mettendolo di fronte alle sue responsabilità. Mi mette veramente alla prova tutti giorni, è una sfida continua. L’adozione per noi è stata un calvario ma in questo periodo lo stress emotivo ha raggiunto l’apice. Grazie di aver ascoltato questo piccolo sfogo di madre e complimenti per la sua trasmissione radio.
Una madre esasperata.”
Tratto da una mail rivolta al dott. Tomai da un’ascoltatrice di Radio Voce Speranza.
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): si sta parlando di un ragazzino con comportamenti che i nostri figli spesso hanno, forse qui c’è qualcosa in più per il fatto che sia adottivo.
GT (dott. Giuseppe Tomai): diciamo che siamo in una fase adolescenziale, quindi all’inizio di una fatica del ragazzo che ricerca un po’ del suo spazio nel mondo, cerca la propria identità, la propria specificità. La provocazione, lo scontro sono aspetti spesso prevalenti: noi ci riconosciamo attraverso una differenza, è un periodo conflittuale un po’ per tutti ma certamente per i bambini che sono stati adottati è una fatica ulteriore. Ricordiamoci che c’è alle spalle un abbandono, un rifiuto, una privazione d’affetto annosa. Sono bambini che hanno combattuto una guerra e si sono trovati vicino ad angosce molto profonde, il loro carico di fatica relazionale ed affettiva è enorme e questa ricerca del suo spazio può essere esasperata da questi elementi di comunicazione: è come se dicesse “io mi presento così davanti al mondo, con un grande desiderio di amore ma anche tanta rabbia, tanta voglia di affermare me stesso”. Tutto ciò non può essere fatto in maniera, diciamo, elegante.
RVS: si può uscire fuori da questa situazione?
GT: genitori ed educatori intorno al bambino vengono pesantemente sollecitati da questa situazione, è facile reagire ad una provocazione con la punizione o con un’altra provocazione, percependo solo la superficie. In realtà è importante presentarci come adulti sufficientemente fermi, non compiacenti.
RVS: la madre dice di voler cambiare metodo.
GT: credo voglia sviluppare un senso di responsabilità, cioè riuscire a sentire che la sua azione ha un effetto sugli altri.
RVS: è possibile cambiare strategia, quasi improvvisamente?
GT: credo sia importante essere graduali in questo, basilare è che ci sia una presa di coscienza: il bambino deve capire che non tutto viene gratuitamente, non tutto viene concesso; d’altronde dodici anni sono un’età ragionevole per tutto ciò.
RVS: non posso fare a meno di chiederti qualcosa sull’adozione dato il manifesto stato di stress emotivo della madre che ci ha inviato la e-mail.
GT: in questi casi ci sono genitori che hanno un grande patrimonio d’amore da donare, quello con cui spesso debbono fare i conti è un non immediato ritorno di tutto ciò. Il bambino che ha sofferto è carico di tanta rabbia, tanta aggressività ma, proprio perché il legame si sta instaurando, si permette di tirarla fuori. Ovviamente ci deve essere una regolazione e i genitori debbono sviluppare una certa sicurezza: occorrerebbe trovare fermezza nell’amore cioè l’equilibrio più difficile da raggiungere.