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Come mettere i limiti

Categoria: In Radio
Tematiche: Regole
Come mettere i limiti

LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE TRATTA DAL LIBRO " INCONTRARE MAMMA E PAPPA" DI BERTOSCALARI

L’altra mattina mia figlio, che ha appena compiuto 14 anni, mi comunica che va a Treviso con i suoi amici. Io cerco di dissuaderlo, invitandolo a riprendere la scuola ma è tutto inutile. Posso informare mio marito di quello che sta accadendo ma non lo faccio perché, pur di fermarlo, avrebbe usato le maniere forti e io non sopporto vedere mio figlio picchiato da suo padre. Mi consolo un po’ pensando che questa volta, a differenza di tante altre, il ragazzo mi informa della sua decisione. Prima che se ne vada di casa gli faccio mille raccomandazioni e Alex non solo mi rassicura che si comporterà bene ma mi prega di restare tranquilla e di non preoccuparmi per lui perché non è più un bambino. Addirittura mi bacia. Io gli ubbidisco anche se dentro di me sento che non devo fidarmi delle sue promesse, sapeste quante volte mi diceva una cosa e poi faceva tutto il contrario. Sono ansiosa e preoccupata ma devo far finta di essere tranquilla per non insospettire mio marito. Aspetto per tutto il pomeriggio e tutta la sera, per tutta la notte attendo il ritorno del ragazzo a casa. La tensione cresce e non riesco più a nasconderla, alla mattina mi reco al lavoro con un enorme peso nel cuore. Mi chiedo perché non l’abbia fermato quando ero ancora in tempo e perché credo sempre alle sue parole e ai suoi baci. Finito il lavoro cerco qualcuno che mi possa dare notizie di mio figlio e scopro, anche se mi sembra di averlo sempre saputo, che i suoi amici sono tutti tipi poco raccomandabili, alcuni molto più vecchi di lui. La paura che sia finito malamente mi sconquassa tutta e torno a casa, dove mio marito mi chiede del ragazzo. Racconto altre bugie per calmarlo fino a che Alex non torna: è sporco, stanco, affamato. Lo aiuto a cambiarsi, lavarsi e gli preparo i sui cibi preferiti, così come deve fare una brava mamma. Sono tanto contenta perché è sano e salvo. Il ragazzo si giustifica dicendo che è stato alzato tutta la notte per aiutare dei suoi amici giostrai a realizzare un Luna Park. Sento che non mi dici la verità è che lo fa per rassicurarmi ma ho tanto bisogno di crederli, altrimenti sarei costretta a dirmi che è andato in giro a compiere atti vandalici o ruberie come altre volte. Credetemi, non ce la faccio più, non riesco a togliermi l’immagine di due carabinieri che vengono in casa e me lo portano via: non voglio perderlo, mio figlio è buono, sensibile, intelligente e mi vuole tanto bene, si preoccupa sempre di me, cerca di difendermi e consolarmi quando mio marito mi insulta. Può ancora salvarsi, lo sento; ma come si fa? Aiutatemi, ditemi cosa devo fare per convincerlo a riprendere la scuola e a lasciare le brutte compagnie che frequenta, datemi una mano a fermarlo prima che sia troppo tardi, da sola non ce la faccio.

 

Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari

 

Discussione:

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): un’esperienza difficile e forte. Un ragazzino che corre dei pericoli per le amicizie che ha, anche questo è un problema ricorrente.

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): già il fatto che il ragazzino semplicemente comunichi di andare a Treviso è il segno che ormai, in quella famiglia, manca la contrattazione: il genitore dovrebbe essere un “sindacalista”, più i figli diventano grandi e quindi richiedono autonomia e spazi e più le cose dovrebbero essere via via contrattate. Nel sistema familiare della testimonianza è già in stato avanzato il dato di fatto che il ragazzo si arroghi quel diritto di uscire.

 

RVS: tali comportamenti ci si aspettano da un ragazzo un po’ più grande di quattordici anni appena compiuti. Anche la figura del padre è particolare.

 

GT: emerge una distanza fra la madre e il padre, una svalutazione di tale figura per cui la mamma diventa complice del figlio con la giustificazione di proteggerlo dall’atteggiamento, che sembra anche violento, del padre. Facendo questo si entra in un meccanismo perverso.

 

RVS: quale sarebbe il primo consiglio per aiutare questa signora?

 

GT: cominciare a coinvolgere il padre perché il perdurare della complicità con il figlio porta ad una degenerazione del sistema che vede già, nel figlio, manifestarsi sintomi di un disagio grave

 

RVS: se la mamma sa che il marito usa le maniere forti il dilemma si fa complicato.

 

GT: si tratta di coinvolgere il padre segnalando il dispiacere per l’uso della violenza, che è sempre sintomo di fallimento della funzione genitoriale. Occorre riconoscere che si ha una situazione difficile e che è necessario chiedere aiuto: spesso la violenza nasce da una profonda sofferenza, si tratta di avviare una consapevolezza che ci porti a comprendere la necessità di un aiuto.

 

RVS: la madre, chiedendo aiuto, è già a metà di questo percorso ma mi sembra che il problema sia il padre.

 

GT: è uno dei problemi, in genere è tutto il sistema che soffre; è semplicistico addossare la colpa solo ad una persona, in realtà ognuno reagisce in maniera diversa ma portando sempre degli inquinanti. La madre è complice del figlio e svaluta il padre, quest’ultimo porta il suo disagio attraverso la violenza fisica, il figlio compie azioni distruttive e, sentendo una vicinanza della madre, mente spudoratamente perché c’è una parte lui che vorrebbe accontentarla ma non riesce a fermare la parte distruttiva.

 

RVS: sembra che da un certo momento i genitori non abbiano più il controllo, visto che gli stimoli esterni si fanno prevalenti. Cosa si può fare in questi casi?

 

GT: in questa testimonianza c’è il tema delle compagnie ma qui siamo oltre. Qui non si può comunicare più, pacatamente, i propri pareri per indirizzare il figlio rispetto alle sue amicizie e le sue attività. Si è rotto all’interno della famiglia il clima di dialogo e di possibilità, la forza distruttiva del ragazzo è andata a catalizzarsi sulla ricerca di compagni che rispecchiano il suo disagio. In questa famiglia anche la possibilità di negoziare e discutere si è rotta da tempo. Il nostro sforzo è quello di riattivare una comunicazione ed è necessario che siano presenti tutti i membri della famiglia, che siano coinvolti in questo processo.

 

RVS: ti è mai successo di arrivare al punto in cui si dice: “io non posso più aiutare questa persona”?

 

GT: capita, non siamo onnipotenti ma possiamo solo offrire uno spazio di riflessione, di consapevolezza, di rispetto della persona anche se commette atti forti e violenti. Possiamo mettere tutto il nostro impegno e la nostra umanità per creare questo clima ma non possiamo andare oltre.

 

RVS: hai detto che qui la situazione e già compromessa, è perciò più complicato lavorare. In realtà dubbi sulle compagnie dei figli ce le poniamo, verosimilmente, per tempo; cosa è possibile fare?

 

GT: è un tema molto delicato perché si entra nell’equilibrio tra l’autonomia e la giusta attenzione che i genitori devono mettere nel regolare questi spazi nuovi. Quello che si può dire è che più il terreno è consono al dialogo, più si è in grado di capire le motivazioni che spingono il ragazzo a incontrare determinati compagni, più è possibile aggiustare il tiro. Spesso siamo molto categorici senza sentire quello che c’è nell’anima del ragazzo, rispetto alle varie amicizie.

 

RVS: sono pochi quelli che si possono permettere la scelta di un quartiere dove vivere piuttosto che di un altro o la frequentazione di una scuola piuttosto che un’altra.

 

GT: è certo che ci siano quartieri più a rischio, un genitore deve fare i conti con il proprio sistema valoriale e trovarsi in sintonia, il più possibile, con l’ambiente che ci sta intorno. Se uno ha la possibilità è bene che si interroghi su questo.

 

RVS: terminiamo parlando dell’appello di aiuto della madre.

 

GT: va accolto, la possibilità che questa signora chieda aiuto non va lasciata cadere: può farlo ai servizi dell’infanzia che, sebbene non ce ne siano a sufficienza, esistono. Se l’intenzione rimane qualcosa si catalizzerà fuori. Ci sono centri pubblici presso le Asl di quartiere, con servizi di psicologia e neuropsichiatria infantile, dove trovare un primo spazio per condividere queste problematiche. Altrimenti ci possono essere liberi professionisti che possono aiutare, neppure a costi così altissimi: si tratta di un investimento più utile di molti altri.