LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE TRATTA DAL LIBRO " INCONTRARE MAMMA E PAPPA" DI BERTOSCALARI
Io e mio marito lavoriamo tutto il giorno e la bambina, che adesso ha quasi tre anni, viene lasciata a mia suocera fino al nostro ritorno. Non solo Sonia era in buone mani ma facevamo contenta anche la nonna che non tralasciava mai di ringraziarci per la fiducia che avevamo in lei. Da un anno a questa parte, però, mia suocera si lamenta in continuazione, affermando che la bambina non l’ascolta più, che tenta sempre di fare quello che vuole, che diventa sempre più autonoma e le sembra che voglia crescere in fretta per non avere più bisogno di nessuno. Mi dice che non è più piacevole stare con mia figlia e che, oltretutto, non ce la fa proprio più ad affannarsi a starle dietro poiché le sembra che sia diventata più forte di lei. Inoltre mi dice che i suoi figli erano molto diversi da Sonia, erano più sensibili, meno prepotenti, più bambini: insomma avevano bisogno della loro mamma mentre Sonia crede di essere nata già grande. Io ho proposto a mio marito di togliere nostra figlia dalla nonna e di iscriverla ad un asilo ma ho ricevuto un secco no, ho proposto di licenziarmi per seguire direttamente la bambina ma non sono stata neanche ascoltata. Intanto mia suocera continua a farmi provare terribili sensi di colpa, sono stanca di sentirmi ripetere che ho messo al mondo un mostro di bambina e non ce la faccio più a sopportare di essere considerata una mamma di serie B.
Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): quest’esperienza tra questa signore e la sua suocera era partita molto bene ma poi sorge un problema; queste difficoltà fanno riferimento ad una situazione particolare o sono situazioni ricorrenti?
GT (dott. Giuseppe Tomai): diciamo che questo tipo di pratiche sono abbastanza ricorrenti, non è mai scontato il mantenimento delle stesse linee educative e che il bambino si comporti nello stesso modo perché egli entra in relazione a seconda del contesto in cui è immesso e le reazioni sono diverse. Il bambino esprime le sue esigenze ed i suoi bisogni, in riferimento all’adulto che incontra e alla possibilità di realizzarli o meno.
RVS: la suocera fa riferimento ai suoi bambini, ma è vero che ci sono differenze fra le generazioni?
GT: sicuramente ci sono differenze, questo ormai è appurato anche riguardo il temperamento dei bambini. La suocera si trova un po’ inadeguata perché, per l’educatore, la grande qualità è la flessibilità: riuscire ad adottare quello che è l’apparato di lettura dei bisogni a seconda di chi ci troviamo di fronte. Se noi abbiamo uno schema già precostituito questo irrigidisce la nostra possibilità educativa.
RVS: la cosa si complica quando la nonna critica pesantemente la mamma, circa la bambina che ha messo al mondo.
GT: la situazione diventa spiacevole perché c’è un’accusa diretta alla madre. Sicuramente il modo non è quello più adeguate perché va a ferire la dignità e la genitorialità, immette subito una situazione d’accusa. Tuttavia è anche vero, e forse anche necessario, una certa comprensione verso la persona anziana e con un certo schema di pensiero che si ritrova gestire un’energia di bambina così alta. La comprensione di tutto ciò è auspicabile.
RVS: bisogna dire che non appare, dalla testimonianza, un atteggiamento di ostilità da parte della madre nei confronti della suocera ma piuttosto c’è una difficoltà di relazione anche con il marito.
GT: questa testimonianza può essere letta in tanti modi però c’è una difficoltà di ascolto reciproca, è come se la suocera non fosse ascoltato in maniera profonda, nonostante la buona volontà, ma non c’è neanche ascolto nei confronti della madre che si sente ferita dal fatto che sua figlia sia etichettata in un modo così terribile. Forse non c’è neanche ascolto nei confronti del marito che, in qualche modo, è un po’ ferito quando gli viene designata la madre come inadeguata nei confronti della gestione della figlia: è come se ognuno fosse preso dalla propria ferita. Risulta evidente che ci sia una difficoltà ad esprimere un sentimento profondo, è come se nella comunicazione noi andassimo subito su un’accusa, su un’azione e non fossimo in grado di trasmetterci il proprio bisogno profondo per, eventualmente, trovare una mediazione: d’altronde può anche darsi che la nonna non sia del tutto fuori strada, può darsi che stia segnalando una reale difficoltà della bambina. Spesso anche gli insegnanti manifestano una difficoltà e questo vuol dire che ci può essere un aspetto del comportamento di quel figlio che va capito ma è percepito come un’accusa.
RVS: quindi la gente si esprime ma il problema è che ha difficoltà nell’accogliere l’espressione dell’altro?
GT: esatto, anche perché spesso ciò è comunicato in maniera accusatoria.
RVS: che consiglio daresti ai protagonisti della vicenda in questione?
GT: certamente, in un eventuale confronto, sarebbe necessario esprimere appieno il sentimento laddove si sentono feriti e dare voce a questa sensazione interna, facendo in modo che si ascoltino perché, altrimenti, si polarizzano sulle loro difese e non ascoltano l’altro. Se l’atmosfera di ascolto viene creata è facile che si possono trovare delle soluzioni, altrimenti ognuno rimarrà arroccato nella propria decisione di risposta alla relativa ferita.
RVS: la madre dice che sua suocera continua a farle provare continui i sensi di colpa, dunque queste accuse trovano un nervo scoperto. Sono i sensi di colpa utili, in questi casi, o sono un intralcio?
GT: in questo caso sono di intralcio perché più che ad una situazione di ascolto portano ad un’atmosfera da tribunale: la madre si sente colpevole di non essere adeguata perché ha una figlia così. Perciò non c’è spazio di riflessione ed il senso di colpa ci fa sentire come qualcuno che ha commesso un “reato”.
RVS: viene indicata anche la possibilità dell’asilo: tu che ne pensi circa i genitori che preferiscono, fino a che è possibile, avere la bambina in casa piuttosto che mandarla all’asilo?
GT: ultimamente, anche per la diversità che c’è fra le generazioni, io credo che l’asilo sia un grande spazio di socializzazione e tendenzialmente essi possono vantare una discreta qualità, rappresentando un’occasione importante nel processo di socializzazione dei bambini. Intorno all’anno di età credo sia già possibile immetterli in queste strutture e devo dire che i bambini ne usufruiscono tantissimo: gli stessi miei figli si ricordano molto più positivamente dell’asilo che della scuola materna, testimoniando un bisogno di stare con gli altri bambini. I nuclei familiari sono ristretti, vi circolano troppi adulti mentre il bambino apprende attraverso adeguati modelli, se incontrano un compagno con solo qualche mese in più già vi si sintonizzano e apprendono tantissimo.