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Il cucciolo che attirava sempre l’attenzione su di sè

Categoria: In Radio
Tematiche: Genitori
Il cucciolo che attirava sempre l’attenzione su di sè

FAVOLE PER GENITORI – ESTRAPOLATE DAI LIBRI DI ALBA MARCOLI ADATTATE DALLA DR.SSA MARIAELENA CICALI (COUNSELOR FAMIGLIARE )

Tra gli animali del bosco alla scuola dello spiazzo, c’era una cuccioletta il cui nome era Fiordaliso ed era così bella che pareva uscita da una nuvola. Era stata talmente desiderata che quando venne al mondo diventò la regina della casa e si abituò a vedere esauditi tutti i suoi desideri. Fu così che crebbe pensando che il mondo di fuori fosse esattamente come il mondo dentro la sua tana, cioè un posto con ognuno a sua disposizione, senza limitazioni di alcun genere. I suoi genitori pensavano che era tanto il tempo che stavano lontano da lei causa il lavoro e che almeno quando erano a casa, i desideri di Fiordaliso dovessero essere soddisfatti, così lei non era abituata a sentirsi dire di no e continuava a chiedere all’infinito un sacco di cose. Da qualche tempo la cucciolina tornava da scuola con il segno di qualche graffio e i suoi genitori cominciarono ad impensierirsi. Fu così che decisero di andare a parlare con i vecchi saggi della scuola, raccontarono che Fiordaliso stava bene nella sua casa ma non nel mondo fuori. Il vecchio saggio disse che bisognava cercare un modo nuovo, occorreva cominciare a far conoscere dei limiti a Fiordaliso, degli obblighi anche a casa: la cuccioletta non doveva pensare che i limiti fossero una cosa cattiva e che riguardassero solo il mondo di fuori dalla tana. Il vecchio saggio cominciò a leggere una storia ai genitori di Fiordaliso, tratta da un vecchio libro consunto, il titolo era “storia del cucciolo che non conosceva il no”. La fiaba parlava di un cucciolo che viveva in una tana dove tutto era permesso ma che, quando fu tempo di avviarsi verso il bosco, vide un grande mostro: si trattava della parola “no”. Il piccolo, terrorizzato, si barricò dentro la sua tana e non volle più uscire. I genitori tentarono di fargli fare amicizia con la parola “no”, un poco per volta essa cominciò ad entrare nella vita familiare ed anche il cucciolo ebbe modo di imparare a conoscerla ed a non temerla, fino a quando poté uscire dalla sua tana e giocare con gli altri tra le ombre del bosco, sia che queste si chiamassero “sì” o “no”.

La madre di Fiordaliso disse allora che pareva essere necessario anche per loro cominciare a far conoscere la parola “no” alla loro figlia prediletta, anche il papà fu d’accordo. Da quel giorno anche in quella tana cominciò ad entrare qualche “no”, il papà e la mamma avevano paura di apparire dei cattivi genitori ma nello stesso tempo Fiordaliso imparava a fare delle cose da sola e questo, oltre a renderla felice e sicura, tranquillizzava anche i genitori.

 

Tratto da: “Il bambino nascosto” di A. Marcoli, Ed. Mondadori

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): riescono i nostri bambini ad accettare i “no”? Abbiamo delle responsabilità, in quanto genitori?

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): quello che succede in famiglia è una palestra, è uno scenario dove apprendere una certa quantità di cose che poi ci dovrebbero servire al di fuori di casa in termini di strumenti, di risorse per affrontare il mondo esterno. Se questa palestra è la completamente fuori dal mondo, come abbiamo visto in questa favola, questo affatica e mette in difficoltà il ragazzo stesso.

 

RVS: rispetto al passato i genitori hanno maggiori difficoltà a porre dei “no”?

 

GT: sì, su questo versante c’è una generazione che ha accolto le istanze della nuova pedagogia: da una fase molto autoritaria con una genitorialità fondamentalmente regolatrice è passata ad una genitorialità affettiva in cui c’è stato uno spostamento molto forte sul piano culturale. In questo c’è un aspetto positivo, che ha permesso tanti genitori di favorire l’ascolto e stare più vicini ai figli, ma ha trascurato l’aspetto di regolazione.

 

RVS: nella favola si dice che i genitori hanno paura di apparire cattivi nel porre dei “no”, tanto che persino alla fine, quando hanno capito, rimane il dispiacere.

 

MEC (counselor Maria Elena Cicali): dire dei “no” è molto più difficile, quindi c’è anche una questione di comodità. Anche una volta che i genitori scelgono quali sono le limitazioni da mettere in atto, bisogna che effettivamente esse siano rispettate perché i bambini cercheranno di reagire, l’opporsi sta nella loro natura: dovremmo noi trasmetterli che nel mondo ci sono dei limiti e che essi sono naturali come la luna e il sole.

 

RVS: il problema è che i genitori non sempre sono consapevoli di uno squilibrio nel loro atteggiamento, magari vedono la cuccioletta che torna a casa con dei graffi e si stupiscono.

 

GT: questo è un po’ un problema di tutti, finché non ci sono dei segni evidenti che ci indicano che il nostro percorso è, in qualche modo, squilibrato o da correggere siamo tutti in buona fede. Molto spesso le spie si accendono molto prima che noi ci facciamo caso ma cominciamo ad occuparci del problema solo quando oramai la macchina è ferma. Manca una cultura della riflessione genitoriale.

 

MEC: a volte noi genitori ci troviamo a dare delle regole che, più che limitazioni, sono il desiderio che il figlio si allinei alle nostre abitudini: questo è sbagliato e rischia di essere controproducente ed eccessivo. Certamente occorrono delle regole sull’ordine e sulla sicurezza, soprattutto quando i bambini sono molto piccoli. Il consiglio generale è di dare poche regole ma buone, evitando eccessi che il bambino non comprenderebbe, soprattutto in età precoce.

 

RVS: quando ci rendiamo conto che la nostra educazione ha avuto qualche sbilanciamento, è ancora possibile intervenire?

 

GT: assolutamente, costantemente apprendiamo dagli effetti delle nostre azioni e dal nostro modo di agire, non dobbiamo pensare che non ci sia qualche lacuna nel nostro modo di educare. Gli sbagli non sono fallimenti totali, solo sbagliando possiamo apprendere dall’esperienza: questo è anche il messaggio che diamo ai bambini. Il punto è come si affrontano gli errori, è importante capire cosa sta succedendo e tentare di modificare il comportamento, lo sbaglio non ci deve mettere in situazione di completa frustrazione e amarezza.

 

RVS: questo è un compito enorme, con l’adolescenza le cose si complicano?

 

GT: certamente, i “no” vanno riadattati continuamente.