FAVOLE PER GENITORI – ESTRAPOLATE DAI LIBRI DI ALBA MARCOLI ADATTATE DALLA DR.SSA MARIAELENA CICALI (COUNSELOR FAMIGLIARE )
C’era una volta un piccolo regno dove un giorno nacque una principessina così bella che fu chiamata Rosa. Con il tempo cominciò a fare i giochi che facevano anche gli altri bambini, per esempio quello di costruire castelli di sabbia sulla riva del mare. La prima volta che ci provò il suo castello cadde a terra e cominciò a pensare di non essere capace, diede ragione al suo papà che le diceva sempre che doveva lasciare la costruzione dei castelli ai maschi. Così, a poco a poco, Rosa si convinse di non essere né brava né intelligente, né capace di costruire le cose come gli altri bambini. Questo pensiero cominciò ad accompagnarla giorno dopo giorno fino a rinunciare a costruire castelli.
Il tempo passò, Rosa diventò grande e si sposò con un principe azzurro, nella speranza che lui la aiutasse a costruire quel castello che lei aveva in mente ma si accorse che egli sapeva costruirli secondo il progetto che lui aveva imparato da piccolo.
Fu così che quando a Rosa nacque un principino, di nome Castellano, ella sperava che almeno il figlio sapesse costruire castelli con il progetto che lei aveva in mente e che gli avrebbe insegnato.
Man mano che i giorni passavano anche il principino cominciò a giocare e decise di provare a costruire un castello con la sabbia del giardino, durante il primo tentativo fallì, poca fortuna ebbe anche il secondo tentativo mentre alla terza volta che il castello cascò, principino scoppiò a piangere. Rosa vedendo tale scena rimase estremamente addolorata nel vedere che anche a suo figlio i castelli non restavano in piedi, fu così che scese in giardino e gliene costruì uno bellissimo, proprio seguendo il modello che piaceva al lei. Questa volta, per amore del suo bambino, ci riuscì davvero. Tuttavia, da quel giorno, ogni volta che il principino si metteva a fare un castello sua madre interveniva dicendogli che era ancora troppo piccolo e che non era in grado di farlo, detto ciò era lei che lo costruiva per il suo bambino. Andò a finire che il principe rinunciò a costruire castelli perché c’era la sua mamma che lo faceva per lui e poi non riusciva a farne di così belli.
Il tempo passò e castellano crebbe credendo di non può fare altro che far crollare i castelli. Un giorno il principe era così amareggiato che decise di partire per un viaggio, in questo suo cammino si trovò in cima ad una collina; qui cominciò a costruire un muro, poi un altro muro e poi un altro muro ancora, fino ad ottenere un castello bellissimo. Il principe rimase così sorpreso e così spaventato dal trovarsi così diverso da come pensava di essere che volle distruggere il suo castello, anche se stava in piedi. Proprio mentre si accingeva a fare ciò, un pensiero gli attraversò la mente, realizzò che era stato proprio lui a fare quell’edificio ed anche se non era meraviglioso come quello degli altri, era degno di poterci vivere. Fu così che ebbe un palazzo dove abitare con la sua famiglia e dove anche i suoi figli avrebbero potuto ricevere il regalo più grande: quello di scoprire che ognuno nella vita può imparare a costruire il proprio castello e a viverci avendone cura come un buon padrone e non come un ospite, anche se a volte questa può sembrare un’impresa impossibile.
Tratto da: ” Il bambino arrabbiato” di A. Marcoli
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): una fiaba che fa capire cose importanti, cioè un pericolo nel processo educativo: di fronte alle difficoltà che alcuni bambini hanno non c’è il rischio che i genitori rinforzino questo senso di incapacità che poi si cristallizza. È frequente questo?
GT (dott. Giuseppe Tomai): sì, perché ereditiamo un modo di comunicare che è legato alla sottolineatura di quello che per noi è sbagliato.
MEC (counselor Maria Elena Cicali): a volte gli adulti sono portati a svalutare in una maniera manifesta e questo può depositarsi nella memoria del bambino. Poi ci sono delle forme più sottili di svalutazione, per esempio, manca il tempo, vestiamo noi il bambino e gli allacciamo le scarpe: questa è una forma non verbale di svalutazione perché facciamo qualcosa al posto di nostro figlio dando per scontato che ancora lui non lo sappia fare nel modo in cui vogliamo noi.
RVS: non c’è il pericolo che il genitore sottovaluti la capacità di autonomia del bambino?
GT: è difficile rimanere sulla frequenza di nostro figlio perché questa cambia continuamente, spesso i genitori rimangono ad una capacità, appresa dal proprio figlio, che è un livello indietro a quella reale.
RVS: immagino un’obiezione di un genitore che potrebbe dire che suo figlio ha veramente dei problemi, sul piano della praticità, magari per carattere o per temperamento.
MEC: ci sono bambini più lenti ma non per questo dobbiamo togliergli la possibilità di sperimentarsi, Maria Montessori ha sempre dato la possibilità di imparare e sperimentarsi ai bambini. Se questi hanno la possibilità di farlo, con i loro tempi, anche se a noi danno un po’ noia, riusciranno a trovare in sé le risorse di cui hanno bisogno. È bello riuscire a trovare da soli i nostri modi, le nostre modalità con i nostri tempi.
RVS: c’è un problema che magari, la nostra società, tende cercare competenze sempre più specialistiche ed anche il genitore dà per scontato che su una determinata questione suo figlio non riesce, magari confidando in un’altra qualità.
GT: tutti abbiamo capacità più sviluppate e altre meno, questo non significa che col tempo non si possano allenare.
RVS: la favola sottolinea che certi comportamenti hanno influenza anche sulle nuove generazioni, una persona che subisce un processo di svalutazione per questa iperprotezione dei genitori, rischia di inficiare il processo educativo successivo, quello col proprio figlio. Come si fa ad interrompere questo circolo vizioso?
MEC: la svalutazione si deposita nella mente di un bambino; la mamma che cerca di fare tutto lei al posto del bambino crescerà un figlio iperprotetto che non ha avuto la possibilità di fare queste cose da solo: in questo modo si è sentito incapace e non ha provato a fare esercizi con le sue risorse. Il problema ce lo portiamo dietro come senso di insicurezza, incapacità, scarsa autostima.
RVS: c’è la possibilità che attraverso un processo razionale ci si renda conto di questa situazione, si ridimensioni, si riesca ad avere un processo educativo più equilibrato?
GT: il processo razionale ci serve per valutare, fermarsi a riflettere sugli effetti dei nostri comportamenti purché ci si metta impegno nell’evitare di ripetere lo stesso sistema educativo subito. Magari con l’apporto della nostra compagna o compagno ci si può aiutare a riflettere sugli effetti dei messaggi che mandiamo ai figli.