FAVOLE PER GENITORI – ESTRAPOLATE DAI LIBRI DI ALBA MARCOLI ADATTATE DALLA DR.SSA MARIAELENA CICALI (COUNSELOR FAMIGLIARE )
Di tutti i pesci che abitavano nel bosco delle sette querce, i salmoni erano quelli più affascinanti e misteriosi. Infatti essi dal fiume compivano il difficile viaggio di discesa verso il mare e, di ritorno, da questi al bosco, nuotando controcorrente.
Ogni primavera i salmoni ritornavano alle sorgenti dove erano nati per deporre le uova e far nascere i loro figli, proprio nello stesso loro luogo natio. Quella stagione, in mezzo agli altri, c’era un piccolo di nome Giannino, sempre molto combattuto: egli si nascondeva sempre ad ogni partenza verso il mare. Adesso, però, era diventato più grande ed era più difficile vivere nella sorgente, soprattutto per la troppa luce che lo costrinse a mettersi due foglie bucherellate sugli occhi.
Alla vigilia dell’ultima partenza Giannino sentiva come se ci fossero due individui dentro di lui: uno voleva partire, uno voleva restare. Quando cominciò ad albeggiare tutti i suoi amici erano pronti per partire e la voglia di vedere il mare si faceva sempre più forte in Giannino, ormai era pronto a partire insieme agli altri. Il viaggio cominciò e tutti i salmoni cercavano di evitare i tanti ostacoli che, sia la natura, sia i pescatori ponevano sul loro cammino. Ben presto Giannino imparò a destreggiarsi ed imparò moltissime cose nuove, in fondo pensò che fosse divertente scendere lungo il fiume sebbene provasse, talvolta, malinconia pensando alla sua tana. Giannino fece per intero il viaggio e, arrivato al mare, i suoi occhi stavano molto meglio nelle acque profonde: capì che quello era il posto giusto per i salmoni cresciuti. Ben presto imparò a riconoscere le presenze amiche e quelle nemiche, imparò ad evitare i pesci pericolosi e le reti dell’uomo, imparò a cavarsela per trovare da mangiare.
Dopo due anni Giannino si era quasi dimenticato della sua tana ma, un giorno, il capo salmone avvertì il branco che era giunta l’ora di tornare nel bosco perché ormai era arrivato l’autunno e avrebbero dovuto deporre le uova. Cominciò così un nuovo viaggio verso le sorgenti, alla fine di esso Giannino era felicemente tornato a casa ed era pronto a fecondare le uova della sua compagna Giorgietta. Quando fu vecchio anche lui entrò a far parte dei saggi della scuola del mare ed insegnò ai giovani salmoni a leggere le righe delle storie di sabbia che il mare scriveva, sempre uguale, ad ogni cambio di marea e ad ogni ciclo della vita che si ripeteva.
Tratto da: “Il bambino nascosto” di A.Marcoli, Mondadori
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): nella fiaba è chiaro che si parla di un bambino che sta diventando l’adolescenza. Mi sembra interessante la parte in cui il protagonista dice che si sentiva come se convivessero in lui due individui: uno che voleva partire ed uno che voleva restare. Questa può essere l’esperienza tipica dell’adolescenza?
GT (dott. Giuseppe Tomai): esatto, è il movimento conflittuale che si risente in questa fase di passaggio: il bisogno di rimanere in un luogo di sicurezza, protetto e la spinta ad andare verso altre possibilità evolutive.
MEC (counselor Maria Elena Cicali): ognuno di noi è diverso e viviamo le cose in modo diverso però, in questa favola, si sottolinea la fatica del passaggio all’adolescenza: c’è una parte del ragazzo che ha voglia di cambiare perché sente che il mondo dell’infanzia non gli appartiene più però ha paura, necessita di un nuovo equilibrio delle vecchie sicurezze.
RVS: come possono i genitori accompagnare questa fase?
GT: innanzitutto bisogna riconoscere l’atto del conflitto fra queste due forze, non bisogna optare per nessuna delle due: né spingere prematuramente verso l’autonomia, né incoraggiare un trattenimento, una iper-protezione, una paura di perdere il controllo sulla vita del figlio. Purtroppo, culturalmente, è difficile contenere due forze senza sceglierne una.
RVS: nella fiaba si parla di presenze amiche e nemiche: riconoscerle è un processo graduale e c’è il rischio di sbagliare. Ecco che qui arriva l’ansia dei genitori, come si fa a equilibrarla rispetto ai possibili sbagli che fanno gli adolescenti?
MEC: è faticoso e snervante, occorre che i genitori mantengano il loro ruolo da adulti ma entra in gioco anche la fiducia nei figli e tutto quello che si è costruito precedentemente. La contrapposizione, più o meno evidente, fra gli adolescenti e gli adulti è comunque necessaria alla loro individuazione.
GT: l’adolescente ha necessità di sperimentare la propria identità che è in corso di individuazione: è come se si provasse tanti vestiti per cercare quello che aderisce meglio. Il contatto con la libertà può creare una certa ebbrezza.
RVS: i genitori preoccupati per le compagnie dei propri figli, come potrebbero fare?
GT: più il ragazzo è grande, più è difficile proibire di frequentare qualcuno. Certamente credo sia importante mantenere un confronto fermo, lì passano anche i nostri valori ed il nostro modo di presentare una visione del mondo. Limitare può essere importante, soprattutto in situazioni di emergenza.
MEC: comunque occorre non eccedere in questi casi o affidarsi a simpatie e antipatie soggettive circa gli amici dei figli.
RVS: la figura paterna e materna hanno ruoli diversi nel confronto su questi temi?
GT: si può favorire, anche a livello culturale, un riferimento paterno rispetto a certi argomenti se il bambino è maschio e viceversa, ma per altri meno.
RVS: si dice che il padre porta un po’ all’autonomia, quasi istintivamente, il figlio.
GT: simbolicamente, come tradizione archetipa è così: il padre è colui che crea l’iniziazione sociale ma adesso i ruoli non sono così stereotipati come una volta. Tuttavia credo che questo archetipo sia ancora piuttosto forte dentro di noi.
MEC: rispetto alla fase dell’opposizione che l’adolescente attraversa e che, come abbiamo detto, è necessaria c’è però da dire che il ragazzo non è libero dal punto di vista mentale: dice di voler fare qualcosa ma molto spesso la vuole fare perché il genitore gliela proibisce e perciò gli dà la sensazione di essere libero.
GT: succede già a tre anni, durante la fase dell’uno, i bambini sperimentano l’opposizione, l’autonomia.