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Mi posso fidare di un esperto per i problemi di mio figlio ?

Categoria: In Radio
Tematiche: Genitori
Mi posso fidare di un esperto per i problemi di mio figlio ?

LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE TRATTA DAL LIBRO " INCONTRARE MAMMA E PAPPA" DI BERTOSCALARI

Io non mi fido di nessuno perché mi hanno insegnato che i panni sporchi si lavano in famiglia. Mio marito è come me, non vuole che si portino fuori le cose private. Da un po’ di tempo sono seriamente preoccupata per le difficoltà che nostro figlio sta vivendo a casa e a scuola, l’altro giorno informo mio marito che sarei andata da uno psicologo a parlare di tutto ciò. Mio marito, tutto agitato, mi chiede se sono veramente sicura e se questa persona è davvero affidabile, mi domanda se sono convinta che sia veramente utile raccontare tutte le nostre vicissitudini e se sono cosciente di quello che mi accingo a fare poiché forse, dice lui, sarebbe meglio aspettare altri eventi prima di mettere le miserie della nostra famiglia sulla bocca di tutti. Cerco di rasserenarlo anche se non sono del tutto tranquilla ma sono stanca di attendere quei tempi migliori che non arrivano, non ce la faccio più a stare da sola con i brutti presentimenti che mi frullano insistentemente nella testa; sento che sto perdendo la fiducia in me e mio marito. Nostro figlio viene su sempre peggio e non sappiamo cosa fare, come comportarci. Devo imparare a fidarmi di qualcuno che non sia della famiglia e ad accettare il suo aiuto, visto che da soli siamo solamente capaci di peggiorare la situazione.

 

Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari

 

Discussione:

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): una lettura che inizia in maniera perentoria, “io non mi fido di nessuno”, ma termina in maniera drammatica: “devo imparare a fidarmi di qualcuno”, quindi una fine ed un inizio della testimonianza agli opposti. Da una parte abbiamo avuto una formazione culturale e sociale di indipendenza a tutti i costi e dall’altra il bisogno di parlare con qualcuno.

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): si percepisce la drammaticità degli eventi in questa testimonianza, la signora vive un conflitto: aderire a delle convinzioni che le arrivano alla sua famiglia di origine, cioè risolvere le questioni in autonomia per non passare male, e farsi aiutare. Nonostante la privatezza del rapporto con uno psicoterapeuta questo diventa un simbolo, l’andare fuori è il “far sapere” ad un estraneo ed assume la dimensione simbolica del sociale. Ovviamente esiste l’obbligo deontologico e legale della riservatezza. Ecco quindi lo scontro, il conflitto: risolvere le questioni in autonomia o, data la forza del disagio, si sta formando la convinzione, nella signora della testimonianza, della necessità di raccontare e rivolgersi a qualcuno che possa far intravedere una via d’uscita.

 

RVS: è davvero in grado lo psicoterapeuta di approntare delle soluzioni?

 

GT: l’obiettivo è quello di dare spazio ai vissuti, di creare uno spazio di ascolto e, insieme, collaborare per avviare soluzioni. Non c’è la bacchetta magica ma c’è un percorso d’uscita da una situazione di stagnazione che si è creata.

 

RVS: quanto durano questi percorsi?

 

GT: in questo caso lo psicoterapeuta svolgerebbe funzioni di consulenza, funzioni di sostegno che può fare anche uno psicologo od un counselor familiare. In ogni caso dipende dalla gravità della situazione e dalla collaborazione tra l’operatore coinvolto e la famiglia ma in genere non sono percorsi lunghi, si tratta di dare degli input per avviare processi di crescita. Non sono terapie come quelle per le psicopatologie importanti che richiedono anni di intervento.

 

RVS: è interessante che tra i motivi per cui sia la signora che il marito non volevano rivolgersi ad un esperto non c’è la questione del denaro, non è lì il problema? A volte per qualcuno può esserlo?

 

GT: per qualcuno può esserlo e ci sono casi per cui questo risulta essere il deterrente maggiore nel rivolgersi ad un esperto, in questi casi cerco di individuare uno spazio nel pubblico, anche se sono rari.

 

RVS: nell’espressione “non mi fido di nessuno” c’è qualcosa che va oltre il puro senso della privacy?

 

GT: sicuramente, è proprio la sfiducia negli altri, una sfiducia che attraverso la parola e la relazione si possa risolvere la cosa.

 

RVS: è un peccato, una persona che arriva ad avere queste convinzioni non riesce a trasmettere ottimismo, neanche sul piano educativo.

 

GT: assolutamente, mi è capitato di vedere i figli che, giunti in consulenza, si sentono sollevati: la possibilità di riconoscere il limite, riconoscere di non avercela fatta e potersi rivolgersi a qualcun altro che magari ha studiato e ha esperienza favorisce il processo, è un’ammissione di limite.

 

RVS: se togliamo ai ragazzi la fiducia negli altri, gli togliamo una grossa parte della loro spinta.

 

GT: esatto, non si può uscire con la fiducia indiscriminata di un bambino di due anni ma perdere la speranza di trovare qualcuno con cui avere scambi a livello profondo è come uccidere la nostra umanità, la nostra specificità di esseri umani, cioè la socialità.

 

RVS: succede spesso?

 

GT: purtroppo quando c’è l’acutizzarsi di certi drammi questa chiusura è piuttosto frequente. La speranza è che la forza del disagio, come sembra accadere in questa testimonianza, la possibilità di aprirsi al mondo, formi uno “squarcio” verso l’altro.

 

RVS: sotto questo aspetto c’è una grande responsabilità nel tuo lavoro, se la coppia incontrasse uno psicoterapeuta che lavora poco bene e deludesse è un grande problema.

 

GT: certamente, purtroppo capita. Come per tutte le professioni c’è chi è molto competente e chi meno.

 

RVS: come fare a rivolgersi le persone giuste?

 

GT: è difficile, spesso occorre affidarsi al semplice passaparola, come dal dentista.