L’altra sera torno a casa dal lavoro dopo una giornata faticosa e mio figlio mi assale, chiedendomi di giocare con lui alle automobiline. Comunico al bambino la mia stanchezza e gli prometto che ci giocherò un altro giorno: egli insiste, dicendomi di non crede più alle mie promesse perché sono sempre venuto meno alla parola datagli, mi dice che sono bugiardo e, dopo ciò, gli do uno scapaccione. Accaduto questo, mio figlio se ne va letto senza dire una parola e, mettendomi dinanzi a questa sua nuova modalità di agire, cerco tutte le certificazioni di questo mondo per legittimare la mia azione educativa ma non mi bastano per calmarmi, ci riesco solo quando ammetto di averlo offeso e mortificato con la sberla, convintomi che le ragioni non fossero sicuramente solo dalla mia parte. Nonostante la stanchezza trovo la forza, e ce ne voleva tanta, di andare nella sua stanza a chiedergli scusa ma non riesco a dirgli niente: mi rendo conto di quanto difficile sia, per un padre, chiedere scusa ad un figlio. Sono solo capace di dargli una carezza ed un bacetto, è però abbastanza perché mio figlio mi sorrida e mi abbracci.
Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): a volte, già solo il chiedere aiuto, viene interpretato come una sconfitta; cosa si può dire a proposito di questo?
GT (dott. Giuseppe Tomai): è un pregiudizio, ogni mestiere richiede un apprendistato molto lungo: il consulente, nel caso dei genitori, diventa un esperto che, vedendo dall’esterno la situazione, può dare delle piccole o grandi indicazioni che possono prendere i genitori nel comportamento con i propri figli.
RVS: l’idea del genitore bugiardo è una situazione che si verifica frequentemente?
GT: si tratta di soffermarsi sulle intenzioni, tutti noi quando torniamo a casa, dopo tante ore di lavoro, meritiamo un riposo. Sentire di non avere uno spazio emotivo da dedicare ai bisogni del figlio ci brucia ma è un contrasto che attraversiamo tutti.
RVS: come può essere risolto questo contrasto?
GT: bisogna anche dire di no a nostro figlio, occorre tuttavia esplicitare la nostra stanchezza, esplicitare il nostro disagio, il nostro bisogno di avere un momento per noi.
RVS: il papà della testimonianza viene turbato dal fatto che il figlio, dopo aver preso uno scapaccione, se ne va letto senza dire una parola.
GT: ciò perché in quel momento il bambino subisce questo atto di violenza, svolto involontariamente dal padre, credo che non si faccia mai bene nel dare uno scapaccione ma, in questo brano, vediamo un atto meraviglioso: quello di chiedere scusa, implicando una forza interiore molto forte. Rispetto alla pressione incessante del figlio, che contrasta con il nostro bisogno di riposo, mettiamo in atto gli aspetti maggiormente violenti, gli aspetti della repressione: questo, però, può indurci in una riflessione post-violenza. Quindi andare a chiedere scusa è una cosa, di per sé, meravigliosa. L’importante è riuscire, da parte del genitore, a dosare la fatica degli impegni esterni: anche nostro figlio ha bisogno di spazi.
RVS: cosa dire al bambino che dice al padre di essere un bugiardo, perché viene meno alla parola data?
GT: ci pone davanti ad un’istanza etica, la parola ha un peso nella relazione e la promessa diventa importante, diventa un valore da mantenere. Quando ciò non viene mantenuto è una trasgressione molto forte.
RVS: a volte i genitori promettono troppo facilmente.
GT: anche questo in buona fede, loro vorrebbero ma non ce la fanno. Importante è darsi un appuntamento con nostro figlio, anche mentalmente, come fosse un appuntamento con il nostro carissimo amico. Nessuno oserebbe non andare all’appuntamento con un amico senza chiedere scusa: nostro figlio ha la stessa sacralità.