Skip to content

Competizione madre insegnante sul vestire

Categoria: In Radio
Tematiche: Genitori
Competizione madre insegnante sul vestire

LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE

Le maestre dovrebbero insegnare le materie scolastiche e non mettere bocca su come si vestono i bambini. A me piace che Yvonne sia elegante anche perché, se non le stessi dietro, si vestirebbe malissimo, tanto da farmi vergognare. Proprio l’altro ieri la maestra l’ha rimproverata perché l’ho mandata a scuola, dopo tanto insistere, con un fusoux ed un maglioncino: mi sembrava tanto carina vestita così e io mi sentivo molto orgogliosa di essere la madre di una figlia così bella. La bambina torna a casa urlandomi che come la vesto io è sbagliato, che si è vergognata del rimprovero fattole dalla maestra e che tutti la prendevano in giro. Quell’insegnante ha commesso un’indebita invasione di campo, come può insegnare a non violare i limiti se ella stessa non riesce a rispettare i propri? La decisione di far cambiare scuola alla mia bambina mi sembra la scelta più opportuna.

 

Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari

 

Discussione:

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): la scuola si dovrebbe occupare anche di cose che vanno al di là del profitto scolastico?

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): credo che sia nelle cose avviare pareri e valutazioni su aspetti che vanno al di là della didattica. Credo che lo scambio sulle modalità esistenziali degli alunni sia nelle cose, del resto anche i genitori possono far sentire la propria voce anche su aspetti che riguardano la programmazione educativa della scuola.

 

RVS: ma questa insegnante aveva il diritto di rimproverare la bambina per come era vestita?

 

GT: se la versione è quella che ci viene riferita, certamente l’insegnante ha effettuato una comunicazione piuttosto dura, entrando nel merito di quello che è uno stile vestiario. Eventualmente avrebbe potuto cercare uno scambio direttamente con i genitori, suggerendo eventuali ragioni di questo suo pensiero sul vestito della ragazzina. La modalità con cui l’insegnante si è espressa ha messo fortemente a disagio la ragazza, anche in riferimento al rapporto con il genitore.

 

RVS: il problema di fondo è il punto fino a cui si può spingere un educatore circa il rapporto educativo che c’è tra i genitori e i loro bambini.

 

GT: l’educatore deve sviluppare la consapevolezza che ogni interferenza è legata alla relazione di quell’alunno con i loro genitori e quindi, prendendone coscienza, cercare di affrontare determinate problematiche direttamente con i genitori, in separata sede. Nella testimonianza siamo in presenza, palesemente, di due modelli diversi, due modi di vedere la realtà differenti: queste due modalità di vedere le cose dovrebbero trovare uno spazio di confronto che tuttavia non coinvolga, in un primo impatto, il bambino. Quando l’insegnante giudica un bambino, giudica anche la sua famiglia e il ragazzo si sente tirato in questione.

 

RVS: ci sono nella scuola italiana spazi e tempi per un confronto che non avvenga in maniera così maldestra, come successo nella testimonianza?

 

GT: ci sono momenti in cui un certo tipo di confronto è possibile ma purtroppo non c’è la formazione relazionale adeguata per gestirli: invece di un linguaggio e di modi consoni spesso ci si limita ad accuse reciproche, passaggi di responsabilità e di giudizio.

 

RVS: tra l’altro il fatto che ci siano modelli educativi diversi è inevitabile, soprattutto quando si ha a che fare con classi di venticinque bambini. Concludendo, che consiglio avresti dato a questa mamma, anziché cambiare scuola?

 

GT: l’alternativa alla fuga era affrontare la maestra con un colloquio, riferirle che si è sentita offesa e avrebbe auspicato che un ulteriore confronto su modelli e stili di educazione si sarebbe realizzato fra loro, fra adulti: così facendo si dimostrerebbe che si tiene al parere dell’insegnante ma non dev’essere il bambino il tramite di queste opinioni. Trovare spazi di possibile ascolto è la chiave anche se riconosco sia difficile, data la situazione delle nostre scuole, ma non ci dobbiamo mascherare dietro questo, occorre prendersi la responsabilità del nostro comportamento.