FAVOLE PER GENITORI – ESTRAPOLATE DAI LIBRI DI ALBA MARCOLI ADATTATE DALLA DR.SSA MARIAELENA CICALI (COUNSELOR FAMIGLIARE )
Tanto tempo fa nacque un principino che diceva sempre di no. Il bambino continuò a rispondere negativamente anche quando i suoi coetanei impararono a dire qualche volta di sì. Era come se non potesse scegliere, poteva dire solo di no e la cosa gli andava bene quando c’era da mangiare la minestra o da fare i compiti ma meno quando gli offrivano il gelato o gli proponevano di giocare con gli altri bambini. Una notte il principino sognò di partire per un viaggio alla ricerca del sì, la mattina seguente si chiese dove potesse essere quel posto ma, non riuscendo ad immaginarselo, decise di partire per cercarlo. Cammina cammina, si trovò ai piedi di una montagna molto alta, era la montagna delle tempeste. Un viandante disse al principino che si chiamava così perché non era possibile scalarla senza incontrare una tempesta ma, alla fine di essa, sarebbe stato facile capire qualche cosa di sé che prima non si riusciva a vedere. Il principino era un po’ spaventato e decise di accamparsi per pensare sul da farsi. Durante quella notte sognò di essere sulla montagna, al centro di una tempesta di neve, il vento soffiava forte e la neve gli cadeva addosso, dappertutto. Preso dallo sconforto sognò di mettersi a piangere le sue lacrime sciolsero un cumulo di neve davanti a lui, lì vi era una porta, il principino la aprì. All’interno vi era una capanna con un vecchio seduto, questi gli diede il benvenuto e chiese come potesse essere arrivato fin lì. Il principino raccontò la sua storia ma proprio quando il vecchio si offrì di aiutarlo il canto degli uccellini risvegliò il bambino. Quel mattino, tuttavia, il principino deciso di avventurarsi per la montagna in cerca del vecchio. Proprio come nel sogno trovò una porta, la aprì e trovò il vecchio. Raccontò la sua storia e, quando ebbe finito, il vecchio disse che lui stava cercando un posto dove essere liberi dentro, di solito i bambini lo trovano quando hanno detto abbastanza no da non averne più bisogno. Continuò dicendo che al principino ciò non era ancora successo e che per qualche motivo aveva ancora bisogno di dire di no. Il vecchio continuò spiegando che rispondere negativamente serve ai bambini per rompere il cordone che li lega ai genitori e che man mano che si cresce occorre, prima, allentare e poi togliere: il principino doveva trovare qualche cosa per tagliare il cordone o rischiava di dire no per tutta la vita. Il vecchio regalò al giovane una scatola che, disse, conteneva qualcosa di prezioso per lui ma di cui non aveva la chiave: ce l’aveva la vecchia saggia che viveva al di là della montagna, sopra le nuvole, il principino doveva raccogliere della legna e raggiungere la vetta del monte, così la saggia gli avrebbe regalato la chiave. Fatto tutto ciò, il principino fu accolto dalla vecchia per un pranzo ed alla fine ella gli disse che si era dato da fare per raccogliere la legna e gli regalò la chiave: dentro la scatola c’erano un paio di forbici per tagliare il cordone invisibile, ogni volta che il principino sentiva di non poter dire di sì, doveva tirarle fuori e dare una sforbiciata in aria. La vecchia saggia diede al principino anche un’altra chiave ma questa era per sua madre, le sarebbe servita anche a lei, disse la vecchia, per tagliare un cordone invisibile. Dopo molti giorni il principe tornò al palazzo e portò alla regina la chiave. Cercando a lungo nella soffitta, anche lei trovò la sua scatola con dentro delle forbicine e poco a poco il principe cominciò a dire di sì, soprattutto quando ne aveva davvero voglia. Se volete sapere come hanno fatto per imparare, io proprio non lo so, ognuno deve fare lo sforzo di camminare per capire e poi troverà la sua ricetta personale. L’importante è che capisca col cuore ed abbia il coraggio di salire sulla montagna delle tempeste, affrontare il gelo e sciogliere i cumuli di neve con le lacrime, proprio come ha fatto il nostro principe.
Tratto da: “Il bambino nascosto” di A. Marcoli, Ed. Mondadori
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): è una cosa piuttosto frequente, in alcuni bambini, dire sempre di no. Sbaglio?
GT (dott. Giuseppe Tomai): per fortuna sì.
RVS: perché per fortuna?
MEC ( counselor Maria Elena Cicali): nonostante per i genitori sia una fase veramente estenuante, è tipica dei bambini attorno a due anni, quando si oppongono a tutto con il no. Questo serve per affermarsi, per individuarsi e sperimentarsi. Il bambino non ha una particolare convinzione in quel che dice ma ci prova, vuol vedere la reazione e testarne gli effetti. Il pericolo è quello di essere talmente estenuati da questa situazione da aumentare le regole, aumentare i divieti e le punizioni.
GT: non è facile ma dobbiamo capirne il significato profondo di affermazione del sé, sono sperimentazioni di sé, un gioco che il bambino mette in atto perché non è ancora in grado di affermarsi in maniera creativa, matura.
RVS: queste è un periodo abbastanza circoscritto?
GT: tendenzialmente l’esasperazione è solo all’inizio di questa fase ma tutto dipende da come affrontiamo questa situazione: se il bambino si sente meno ascoltato e meno guidato con una certa autorevolezza, la ribellione può permanere innescando uno stile relazionale in cui l’opposizione diventa il canale per l’aggressività e le ritorsioni familiari.
RVS: cosa significa guidare con autorevolezza?
GT: significa non cedere su alcune cose importanti, anche dal punto di vista valoriale, nonostante la fatica e lo sforzo.
RVS: perché i genitori possono cedere in queste situazioni?
GT: possono cedere per stanchezza, per difficoltà: spesso reagiscono con modi bruschi e pesanti o, all’opposto, con un permissivismo eccessivo. Tutti e due i comportamenti possono innescare delle ritorsioni ulteriori perché in qualche modo il bambino non si sente né ascoltato, né guidato e diventa lui il comandante della famiglia. Ovviamente questo è deleterio, provoca delle storture interne evidenti.
RVS: spesso non ci aspettiamo queste reazioni e siamo colti alla sprovvista da questi sviluppi del bambino.
MEC: sì, è così ma credo che essere tolleranti, pur essendo la cosa più difficile, sia anche la maniera migliore per dare al bambino la sensazione di sentirsi rispettato. Tollerare non vuol dire cedere ma rispettare e non essere eccessivamente repressivi nei confronti di questi “no”.
RVS: c’è un atteggiamento diverso della mamma rispetto al papà, in rapporto questa situazione?
GT: gli stili sono diversi ma, fermo restando che ci deve essere coerenza, ciò non può essere che un arricchimento. Il problema è quando non c’è accordo sulla concessione o meno da fare.
MEC: deve passare un unico messaggio, in questo ci deve essere accordo tra i genitori.
RVS: un messaggio per incoraggiare i nostri amici all’ascolto, gli errori si possono sempre risolvere?
GT: gli sbagli, se si comincia a prenderne coscienza, non sono mai irrimediabili, c’è sempre un processo di riparazione ma occorre mettersi in discussione.
MEC: vorrei concludere dicendo che la fase dei no ritorna in età adolescenziale, magari ne parleremo meglio, però torna proprio quando il ragazzo porta a termine questo processo di separazione: anche qui egli si oppone, si ribella ed anche qui i genitori non devono cedere, coerentemente con i loro valori, perché costruire questo muro serve.