C’era una volta, tanto tempo fa, nel paese della perfezione, due piccoli regni che non si conoscevano fra di loro, dove un bel giorno nacquero un principino ed una principessina a cui furono dati i nomi di Desiderio e Apollonia. I due crebbero senza conoscersi, nel loro piccolo mondo con tante cose diverse e qualcuna che invece era molto simile. Per esempio la loro educazione era equiparabile, ogni volta che i principini facevano delle cose, né i loro educatori né i loro genitori sottolineavano quelle giuste. Fu così che principini non ebbero mai modo di imparare a riconoscere le cose buone che anche loro facevano, ma solo quelle sbagliate e crebbero con la sensazione di essere persone che facevano solo cose quelle. Tutte le energie, in quella situazione, erano concentrate per raggiungere la perfezione e non ne restavano molte per pensare e accettare di avere dei limiti, cose che fanno stare molto meglio e fanno usare di più le proprie risorse. In ogni stanza dei due palazzi c’era uno specchio giudicante, davanti ad esso ognuno doveva controllare che tutto fosse a posto ed in ordine, secondo le regole. Quando Apollonia e Desiderio divennero grandi si accorsero di avere tante cose in comune e decisero di sposarsi e costruire un castello tutto per loro dove ogni sala aveva almeno uno specchio giudicante. Un bel giorno nacque una principessina, a cui fu dato il nome Splendore, ed ecco che a poco a poco crebbe come tutti i bambini nati e cresciuti nei castelli degli specchi, pensando che non sarebbe mai riuscita a fare le cose nello stesso modo che vogliono gli specchi del palazzo, cioè secondo le regole della perfezione. Non imparò neanche lei a riconoscere le cose buone che faceva ed alla fine Splendore finì per pensare che era una che sbagliava tutto e cominciò a sentirsi sempre più spesso da sola e triste: voleva solo scappare. Gli altri dicevano che era stupida e che sapeva solo fuggire e lei si sentiva sempre più sola e triste. Il re e la regina si accorsero che alla loro principessina mancava qualcosa ma fu difficile capire cosa. Cominciarono ad osservare meglio, anche dettagli a cui non avevano mai fatto caso, cercarono di capire qualcosa in più che gli potesse aiutare. Un giorno la regina si accorse che Splendore piangeva davanti a uno specchio e si rese conto che ogni volta che passava davanti ad essi, la principessina poteva anche sembrare indifferente ma dopo aveva sempre meno voglia di giocare, mangiare, dormire. La regina andò a parlare con il re e, mentre parlavano, anche quest’ultimo si ricordò che da bambino era stato infelice quando tutti gli specchi gli dicevano che faceva sempre la cosa sbagliata. Re Desiderio disse, allora, che non sempre gli specchi erano una cosa buona e fu così che anche Apollonia andò a ripescare un quaderno dove scriveva da bambina: poté così ricordare che neanche lei fosse stata contenta degli specchi. I due sovrani si resero conto che fu proprio per mettere a tacere questo dolore che si misero a cercare la perfezione. In seguito decisero che sarebbe stato sufficiente uno specchio solo e per giunta, uno normale e non giudicante. Man mano che ogni specchio cominciò ad essere tolto da una sala del castello, splendore cominciò a ridere di più, aveva più voglia di scherzare, giocare ed usare le sue risorse buone. Anche il re e la regina si accorsero che l’atmosfera del castello era più tranquilla e rilassata.
Tratta da: “Il bambino arrabbiato” di A. Marcoli, Edizioni Oscar Mondadori 1996
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): esiste questo paese della perfezione?
MEC (counselor Maria Elena Cicali): la perfezione non è di questo mondo ma è vero anche che molti di noi tendono a fare bene le cose, giustamente, tuttavia questo può avere risvolti stressanti perché pretendiamo troppo da noi e dagli altri.
RVS: quando poi ci attendiamo la perfezione anche dai figli questo complica le cose.
MEC: certo, questo significa trasmettere al bambino che lo si vuole in un certo modo e perciò giudicarlo fino a bloccarlo per la paura di non essere, altrimenti, accettato da noi. In altre situazioni, molto comuni, si manifesta una semplice ma continua critica delle cose che il ragazzo fa, la svalutazione delle sue azioni e dei suoi comportamenti. Tutto ciò va a bloccare, ad intaccare quella che è la percezione del bambino di se stesso, l’autostima. La critica va bene ma deve essere costruttiva, non fine a se stessa: spesso si criticano cose giuste ma nel modo sbagliato.
RVS: il fatto di essere in coppia può aiutare?
MEC: se i genitori sono uniti in questo, sia per le regole che per gli esempi che danno, devono fare in modo di trasmettere un messaggio univoco evitando, davanti al bambino, di manifestare divergenze circa il comportamento del coniuge. Parlarne in disparte è invece un modo per avvicinarsi.
RVS: nella favola notiamo che il re e la regina, ad un certo punto, si ricordano di quando loro erano bambini. È veramente questo il processo da fare per i genitori?
MEC: credo che sia un processo fondamentale che ci apre gli occhi e spesso i figli ci fanno da specchio, facendoci ricordare di come noi ci sentivamo alla loro età, pur nelle differenze.
RVS: questo processo di revisione immagino dipenda anche dall’età del bambino, via via che cresce bisogna essere più attenti?
MEC: credo che sia una cosa che prescinde dall’età: da quando nasce il bambino ci mette subito davanti a degli aspetti nostri e della nostra vita, cominciando a vedere le cose sotto altri occhi.
RVS: non c’è rischio che per “mettere da parte gli specchi giudicanti” si abdichi completamente nella critica anche quando ce n’è realmente bisogno?
MEC: dato che siamo portati naturalmente a giudicare, già limitare questo comportamento dà la possibilità all’altro di esprimere se stesso. Eliminare del tutto tale tendenza resta umanamente molto difficile. Il giudizio parte dal modello che ci si è fatti ma la critica deve essere sempre costruttiva.