LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE
Mia figlia tredicenne un giorno mi chiede di andare a mangiare la pizza con le sue amiche, la richiesta mi giunge improvvisa ed inaspettata: ha l’effetto di un colpo in faccia che mi lascia tramortita. È già così grande? Mi chiedo. Prima di darmi e di darle una risposta le faccio un interrogatorio di terzo grado, le chiedo il motivo dell’iniziativa, con chi va e dove, l’ora, le modalità dell’andata e del ritorno, se ci sono anche ragazzi ed altre cose ancora. Ricerco qualcosa che non va, qualcosa che possa motivare il mio rifiuto e salvaguardare, insieme alla sua sicurezza, anche la mia. La ragazza mi risponde con calma e senza perdere la pazienza, le motivazioni sono tutte valide e convincenti: sto per dirle di sì ma ho un lampo di genio, penso che la calma e la riflessività che sta dimostrando siano piuttosto inusuali e capisco che sta recitando. Riesco, così, a fermare il mio sì e ricomincio ad indagare scoprendo varie menzogne dette da mia figlia Lucrezia. Innanzitutto non va in pizzeria solo con le amiche ma anche con i compagni di classe ed i loro amici delle scuole superiori, inoltre il locale che hanno scelto ha una saletta riservata. Ne so abbastanza per negare il mio permesso ed avere così la coscienza tranquilla. Vi lascio immaginare la reazione della ragazzina ma, in questo modo, salvo sia la sua sicurezza che il mio ruolo di madre previdente che non si lascia imbambolare.
Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): il problema delle regole riguarda anche queste cose qui, vediamo una mamma che ha una grande apprensione ed innanzitutto si chiede “è già così grande mia figlia?”: questo spiega tante cose.
GT (dott. Giuseppe Tomai): sì, i genitori hanno costantemente davanti i figli e non si accorgono di quanto siano cresciuti: lo si capisce da piccoli incidenti e loro sono maestri nell’indicarci che stanno crescendo.
RVS: in questo caso la mamma vuole sapere di più, c’è l’elemento dell’ansia e fa mille domande alle quali la ragazza risponde con tranquillità. Quando è giusta questa apprensione e come dovrebbe essere gestita?
GT: qui abbiamo due bisogni che si scontrano, quello dei genitori di controllare e sondare il terreno e gli spazi che il figlio si sta prendendo e dall’altro il bisogno di una figlia di avere uno spazio riservato, uno spazio in cui non entriamo più di tanto. Sono due bisogni diversi quindi trovano conflitti e incomprensioni ma ciò è fisiologico. Purtroppo spesso noi genitori non abbiamo questa consapevolezza e ci focalizziamo sul nostro bisogno molto più che su quello dei figli.
RVS: come si dovrebbe fare per trovare un punto d’incontro fra queste due esigenze: la libertà e la sicurezza?
GT: un genitore sempre più dovrebbe rendersi conto che non può controllare tutto, ci sono spazi che sempre di più il figlio è necessario che si prenda ed a volte occorre accettare i rischi della situazione, i rischi del non sapere; soprattutto a partire dai 13-14 anni inizia una forte esigenza di riservatezza. Il gruppo amicale prevale e lì avviene maggiormente scambio, le loro intimità vengono dipanate e l’adulto appare più distante.
RVS: è un momento difficile per i ragazzini ma anche per i genitori.
GT: esatto perché ancora si percepisce che non hanno gli strumenti di difesa e di tutela sufficienti ma nello stesso tempo c’è anche l’esigenza di allentare il controllo.
RVS: parliamo chiaramente, in Inghilterra il problema della natalità a quest’età sta diventando un problema sociale.
GT: i rischi sono grossi ma è anche vero che più i nostri bisogni non vengono espressi e riconosciuti, anche quelli dei genitori, e più si percepisce la punizione in caso si fosse scoperti: ecco perché prevalgono gli eccessi di trasgressione, prevalgono le menzogne.
RVS: dunque i genitori farebbero bene ad esplicitare chiaramente le loro preoccupazioni, anche con una bambina di 13 anni?
GT: credo di sì, il nostro è un linguaggio dell’accusa, del comando, prevalentemente si pone in una dimensione di dominio mentre è necessario acquisire un linguaggio del bisogno, esternare la nostra umanità.
RVS: tornando alla testimonianza in questione, la madre scopre una serie di bugie così da giustificare il proprio diniego all’uscita della figlia e sentirsi con la coscienza tranquilla.
GT: si sente così perché ha trovato le prove sia nella bugia, sia negli aspetti che la madre trova eccessivi da far vivere a sua figlia.
RVS: è chiaro che c’è la preoccupazione di esporre la propria figlia a dei pericoli e la madre esprime anche la sua felicità per aver compiuto la sua funzione senza essersi fatta imbambolare.
GT: non si può negare la necessità di prendersi la responsabilità della regolazione, quello che questa testimonianza fa vedere, tuttavia, è che manca una parte: manca l’ascolto perché la richiesta della figlia porta con sé la volontà di fare esperienze, di vivere la sua vita, avere il suo riserbo. La ragazzina esprime un bisogno di autonomia molto forte e credo che ogni genitore non sopprimerebbe questa necessità se lo si pensasse come bisogno di autonomia, anche a tredici anni, età in cui si sperimenta la propria individualità.
RVS: immagino che le ragazze sentono di più quest’esigenza perché, forse, hanno una maturità superiore?
GT: tendenzialmente sì, fin da piccole si vede che hanno un’altra maturità emotiva ed affettiva.
RVS: se potessi dare un consiglio a questa signora?
GT: le riconoscerei che anche lei ha un bisogno di tutelare la figlia e questo è molto importante ma la inviterei ad ascoltare altrettanto i bisogni e di desiderio della figlia che sono altrettanto importanti per lei come genitore. Occorrerebbe guardare oltre il comportamento immediato perché questo è legato ad esigenze fondamentali di sua figlia e dell’essere umano: se non lo riconosce ma lo vive solo come qualcosa di sbagliato, qualcosa che non va bene allora è facile che la ragazzina lo agganci al fatto che anche il desiderio di autonomia sia sbagliato, ponendosi davanti solo due strade: reprimerlo e colpevolizzarsi o essere ancora di più trasgressiva e bugiarda.