LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE TRATTA DAL LIBRO " INCONTRARE MAMMA E PAPPA" DI BERTOSCALARI
La mamma di Alessandro racconta:
Ho un figlio pauroso e timido, si rifiuta anche di fare le cose più semplici; non studia perché sa già che non gli servirà a prendere un bel voto, non gioca con gli altri perché sa già che ne uscirà perdente, non si sperimenta in nessuna attività perché già convinto di non riuscire. Vorrei tanto poterlo cambiare.
Il papà di Sebastiano replica ridendo:
Sapeste quante volte avrei voluto scambiare mio figlio, che sembra nato apposta per farmi fare brutta figura, con quello di un mio collega che non solo è riuscito a farlo diventare bravo, buono e intelligente, ma anche bello…
Risponde, imbarazzata, la mamma di Alessandro:
Non proprio scambiarlo, penso di insegnarli a vivere e a non ritirarsi.
Adesso che me lo avete fatto pensare, posso dirvi che di fronte alle difficoltà che mio figlio mi mette davanti è vero che, qualche volta, penso ad uno scambio come la soluzione più facile e meno dolorosa.
La mamma di Alice aggiunge:
Anche io, quando sono sola con mia figlia, riesco ad accettarla e a sopportarla con i suoi pregi e i suoi difetti. Tuttavia, quando sono con lei insieme alle amiche o ai parenti, mi viene da desiderare una figlia perfetta.
La mamma di Nicola conclude:
Il figlio ideale non esiste, eppure ci ostiniamo a pensarlo, a cercarlo, a vederlo nei figli degli altri, a crearcelo costi quel che costi. È per il suo benessere o per il nostro? È per la sua realizzazione o per la nostra? La risposta che lo facciamo solo per lui non mi sembra così scontata.
Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): tutte le testimonianze sono accomunate da una insofferenza verso i figli, a volte addirittura da vergogna per essi. Sono così comuni questi sentimenti?
GT (dott. Giuseppe Tomai): la testimonianza tratta dell’accentuazione di un pensiero che, se siamo onesti, in qualche modo, a volte attraversa un po’ tutti i genitori. C’è chi ha coraggio di esprimerlo e chi teme di essere giudicato e se lo tiene dentro di sé; laddove ci sono ostacoli rispetto alla nostra aspettativa interiore ci dobbiamo confrontare, inevitabilmente, con un conflitto di questo genere la cui soluzione è aspettarsi un altro figlio, un’altra modalità, altre caratteristiche: questa è la soluzione più semplice in cui agisce un pensiero meccanicistico.
RVS: la responsabilità è sempre dei genitori se il figlio è come quello nella testimonianza iniziale?
GT: certe paure, certi timori sono normali nella crescita; qui si tratta di come li vive il genitore, di come affronta le paure del figlio nella sua crescita esistenziale: se il genitore rimane bloccato nei confronti di queste crisi, in queste situazioni di timore nell’affrontare la realtà esterna, è evidente che desidera che questi difetti non ci siano. La via, in realtà, è quella di vederli e di aiutare i figli ad affrontarli e a ridurli. altrimenti il rischio è che si cronicizzino ed il figlio non si senta sufficientemente compreso in queste difficoltà, accentuandole o ribellandosi per manifestare il disagio.
RVS: c’è una percezione del bambino, magari inconsapevole, che i genitori, di fatto, lo rifiutino?
GT: sì, questo è molto evidente sia che lo si pronunci verbalmente, sia come sistema di pensiero interno perché passa comunque nel bambino: questi hanno una sensibilità estrema nel captare le sottigliezze emozionali dei genitori, loro riferimento e garanzia di sopravvivenza. Persino i paragoni che, sarà capitato a tutti, i genitori fanno al figlio rispetto ad altri bambini crea in esso grande dolore e frustrazione.
RVS: abbiamo detto che nell’esperienza di genitori alcuni pensieri di questo tipo possono giungere, magari davanti all’inadeguatezza di certi atteggiamenti dei bambini, ma questi percepiscono subito il senso di rifiuto dei genitori. Come si fa ad uscire da questo circolo vizioso?
GT: se ne esce se il genitore comincia ad interrogarsi su questi paragoni, su questi tentativi di eccessiva idealizzazione: se si interroga comincia a non crederci totalmente in questi movimenti di pensiero, comincia a rendersi conto che dietro c’è una sua difficoltà ad affrontare l’imperfezione, gli ostacoli che nostro figlio potrà trovare nel percorso di crescita, comincia ad affrontare, nella realtà, quell’essere umano che ci troviamo davanti e che è così diverso da come avremmo voluto.
RVS: può dipendere anche da un rapporto che abbiamo avuto con i nostri genitori, in cui questo problema emergeva e non lo abbiamo risolto?
GT: certo, nel genere umano sono tutte catene culturali che si trasmettono: attraverso l’apprendimento passano valori, modalità di interazione, tutti gli aspetti che si ritrovano di generazione in generazione. Ecco perché infanzia ed educazione sono così importanti, sono il mezzo con cui determinati valori passano e se non interrompiamo questa catena, se non ampliamo la consapevolezza, automaticamente riproduciamo gli sbagli del passato, anche con l’intenzione di evitarli.
RVS: nel finale della testimonianza la madre di un bambino, Nicola, conclude in un modo che mi sembra appropriato e si fa domande legittime.
GT: quello è il classico esempio di ciò che significa fermarsi ed interrogarsi sulle nostre istanze interiori, su come affrontiamo questo tipo di difficoltà con nostro figlio. Così facendo ci di stacchiamo dal nostro pensiero ma senza maltrattarlo perché questo è così diffuso culturalmente che sarebbe difficile non averlo.