Il rapporto, a volte difficile, di bambini e adolescenti col cibo .
Nel bosco delle sette querce viveva orsetta Rosalinda che tutti chiamavano pallottolina perché era bella e cicciottella, sempre alla ricerca del miele. Da piccola aveva fatto disperare la madre perché non voleva mai mangiare, come a protestare per delle cose che le avevano fatto male. Una di queste cose era che a casa sua la trattavano come un orsetto di peluche, decidevano tutto al suo posto, anche ciò che era in grado di gestire da sola; Rosalinda era gelosa della libertà dei fratelli maschi mentre lei doveva stare sempre nella tana.
Crescendo iniziò a consolarsi mangiando molto miele ma un giorno, mentre era sulla riva del fiume, non si accorse che era arrivata sera ed era troppo tardi per ritornare a casa: Rosalinda cominciò a piangere fino a che non sentì la voce del fiume che le diceva: “se avrai il coraggio di attraversare il mio corso, troverai una bella caverna dove poterti riparare per la notte”. L’orsetta decise di provare e riuscì a raggiungere la grotta dove poter riposare tranquilla. Quella notte entrò nel paese dei sogni e ad un certo punto trovò un sentiero lungo il letto del fiume, sino a raggiungere una casa fatta tutta di acqua ma solida come il ghiaccio.
Rosalinda entrò in quel magico luogo e vide uno strano essere: lo spirito del fiume, conoscitore della vita di tutti quelli che vivevano nel bosco e perciò sapeva anche che lei era un’orsetta sempre arrabbiata e triste.
Rosalinda chiese allo spirito un modo per cambiare la sua situazione e questo disse: “un modo ci sarebbe, si tratta di imparare a percorrere dentro di noi strade nuove, prima sconosciute, è faticoso perché a volte si ha l’impressione di percorrere strade dove non si va né avanti né indietro ma io ti farò un dono che ti aiuterà, quando ti sveglierai, troverai una pagliuzza d’oro, prendila e stringila quando ne avrai bisogno perché lei ti aiuterà; fa tesoro di ciò che ti dirà perché quando, un giorno, la pagliuzza sparirà e dovrai capire dov’è andata… Addio Rosalinda”. L’orsetta si svegliò, trovò la pagliuzza dorata, se la mise sul cuore e partì in cerca della strada di casa. Riprese la sua vita di sempre e quando si sentiva arrabbiata chiedeva alla pagliuzza e questa le dava consigli sulla strada da percorrere.
Un giorno triste Rosalinda vide nel bosco un altro orsetto disperato, piangeva perché i suoi genitori erano stati catturati e lui era rimasto solo. La nostra orsetta se ne prese cura trovando gli una bella grotta e visitandolo quotidianamente, curandolo con pazienza e amore. Fu così che le vennero in mente tutte le cose che sua madre aveva fatto per lei, non solo per i suoi fratelli ed ogni giorno Rosalinda era sempre più allegra, forte, autonoma. Un giorno, alla nostra orsetta, venne voglia di andare a dire ciò che stava sentendo alla pagliuzza ma non la trovò; decise allora di andare a dormire nella caverna dove aveva incontrato lo spirito. Quella notte si ritrovò ancora nel paese dei sogni al cospetto dello spirito del fiume.
Rosalinda raccontò che non trovava più la pagliuzza ma lo spirito le fece capire che non la trovava perché era come se la essa fosse entrata dentro di lei, nella sua testa, nel suo cuore. L’orsetta tornò a casa felice perché sapeva che la sua pagliuzza non l’avrebbe mai abbandonata e quello che aveva imparato lo avrebbe portato con sé, sia nelle giornate di sole che in quelle di pioggia.
Tratto da: “Il bambino arrabbiato” di Alba Marcoli ed. Mondadori del 1996 riadattamento di M.Elena Cicali.
Discussione:
RVS ( Conduttore Radio Voce Speranza): qui abbiamo un orsetta che ha problemi con il cibo, metafora di quello che succede sempre più spesso fra bambini e adolescenti; è così o è una percezione un po’ allarmistica?
GT (Dott. Giuseppe Tomai): il cibo è un sintomo di qualcosa che si sviluppa all’interno della relazione, ci fa capire il tipo di relazione che passa all’interno della famiglie.
RVS: anoressia e bulimia sono sempre esistite?
GT: diciamo che ogni epoca ha le sue proprie patologie, oggi la nostra è una società opulenta e consumistica.
RVS: insomma i bambini che fanno storie per mangiare sono sempre esistiti e sempre esisteranno.
MEC (Maria Elena Cicali): al di là della patologia che spesso si verifica più in là, in età adolescenziale, quando il bimbo piccolo si possono verificare dei momenti in cui non vuole mangiare, oppure al contrario si abbuffa: il cibo è sempre stato carico di significati anche psicologici.
GT: essendo il cibo il simbolo della realtà di un legame affettivo e relazionale tra genitori e figli, segue le modulazioni di questa relazione per cui cambia se c’è vicinanza, lontananza, ambiguità. Spesso i genitori si allarmano laddove percepiscono che c’è una qualche forma di squilibrio, un eccesso o una difficoltà nel nutrirsi ma esistono molti tipi di bambini e non sempre è il caso di allarmarsi.
MEC: spesso il mangiare, è carico di significati e aspettative e la madre vuole che il bambino mangi, oltretutto ci sono bambini che si sentono sazi mangiando poco e non è il caso di preoccuparsi.
RVS: nella favola viene data una soluzione un po’ particolare: alla fine è la vita stessa che porta a ritrovare un tuo equilibrio, è così?
MEC: La favola affronta un caso particolare che è quello del rapporto madre-figlio. Nel caso di una mamma molto presente ed apprensiva il bambino può decidere di non mangiare, come a rivendicare qualcosa che solo lui può scegliere e questo è chiaramente sintomo di un disagio relazionale fra genitore e figlio. Occorre farsi domande, chiedersi se sta capitando in un momento particolare della crescita del bambino come il ritorno a scuola, la madre che torna al lavoro, momenti o fasi che possono turbare la serenità del bambino: in questi casi non si deve farne un dramma, bisogna essere accoglienti e stare vicino al figlio, non drammatizzare. Non va bene neanche contrattare, promettere regali in cambio di un piatto mangiato, tutto ciò ribadisce l’importanza del cibo rinforzando il potere che ha il bambino; l’aspetto da considerare è il bisogno che esprime in quel momento il proprio figlio.
GT: inoltre forzare la sensazione di fame o di appetenza va a squilibrare l’equilibrio fisiologico interno.
RVS: per quanto riguarda i casi gravi, in cui si vede letteralmente sparire proprio figlio o un nipotino?
GT: occorre assolutamente rivolgersi a degli specialisti, questo vale per qualsiasi altro sintomo, come può essere un dolore di stomaco che perdura, febbre ecc. senza aspettare, se i segnali sono di questa gravità. Noi parliamo di piccoli squilibri e disturbi ancora al di qua, ancora rientranti nella normalità. Questi sono spia di un’altra difficoltà ed occorre leggerli con la lente relazionale: il cibo come palestra per esercizio di un potere all’interno della relazione, se c’è un rifiuto esso può essere un atto di protesta, di ricerca di autonomia sfruttando una cosa su cui il bambino sente che noi ci teniamo tantissimo.
RVS: il problema non si risolve quindi alzando la voce o peggio con le sberle, magari “risolviamo” lì per lì ma la causa sta a monte.
GT: quello che vogliamo dire è questo: anche con il cibo il ragazzo manifesta delle esigenze, dei bisogni e nel caso di rifiuto manifesta, la sua aggressività, un messaggio di ribellione. Compreso questo, si può andare al di là, domandare al ragazzo o cercare di intuire cosa sta succedendo, cioè porsi nella dimensione dell’ascolto.
RVS: vi è mai capitato di consigliare genitori con bambini che rifiutavano il cibo o, viceversa, si abbuffavano?
MEC: capita, anche se è una fase o un bambino che non ha mai avuto troppo appetito, i genitori non sono sereni. Bisognerebbe riportare la situazione ad una dimensione meno problematica, senza che cioè che tutto ciò diventi “il problema”. Solitamente sono le madri che si crucciano perché il figlio non mangia ed i bambini lo sentono.
GT: ci vuole molta rassicurazione, a volte basta un incontro o due per sdrammatizzare e trasmettere fiducia nella capacità dell’organismo del bambino di capire di quali sostanze nutritive ha bisogno; c’è un istinto dentro di noi nello scegliere ciò di cui necessitiamo. Sebbene l’istinto sia sempre più spesso corrotto, fin dalla tenera età, dalla pubblicità e da altri stimoli fuorvianti che inducono ad assumere, per esempio, grandi quantità di zucchero creando dipendenza ma, precocemente, l’organismo è in grado di capire le proprie necessità nutritive: affidiamoci a questa saggezza.