LA VOCE DEI BAMBINI – NON PARLO PERCHè NON MI CAPITE – VOGLIO STARE PIù CON VOI – SONO SEMPRE ESCLUSO DALLE VOSTRE DECISIONI
Sono molto contenta di essere vostra figlia, anche se a volte non mi capite. Con la separazione io mi sento differente da tutti gli altri bambini della classe; vi siete divisi, ora vivete in case separate e non vi vedete quasi mai. Anche per voi è difficile ma io sono quella che patisce di più e piango spesso di nascosto, senza dirvelo perché mi rispondereste che sono cose della vita e che i problemi veri sono ben altri.
Carlotta
Tratto da: “Lettere dal limbo”, Morgana Edizioni
Discussione:
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): il problema della separazione è un problema drammatico per i bambini?
GT (dott. Giuseppe Tomai): a seconda dell’età, più piccoli sono e più hanno difficoltà ad elaborare la separazione dei genitori. Più in là con l’età ci sono anche ragazzini che auspicano una separazione, data una situazione profondamente compromessa e conflittuale fra i genitori. Comunque è un momento traumatico, il bambino ha bisogno di sentire l’unità dei propri genitori e quando ciò viene meno il momento è delicato ed è necessario accogliere le emozioni che arrivano dal bambino.
RVS: però la bambina dice che piange di nascosto e non ne parla perché sa già quale sarebbe la risposta.
GT: i genitori, in buona fede, cercano di rassicurare la bambina con quella risposta ma, in realtà, è come se sottovalutassero la sofferenza della figlia e perciò questa la nasconde dagli occhi altrui: ciò che non è espresso si fissa nella nostra psiche e viene portato con sé negli anni successivi.
RVS: la piccola dice di sentirsi diversa dagli altri bambini della classe.
GT: sicuramente questo è sempre meno vero, sempre più famiglie vivono la situazione della separazione.
RVS: cosa consiglieresti ai genitori?
GT: non sottovalutare e stare in ascolto, accogliere le emozioni ed addirittura suggerire che questo è un momento difficile, in cui ci sarà da soffrire, ma si può rassicurare i figli sul fatto che sia babbo, sia la mamma ci saranno sempre.
Vorrei trascorrere più tempo con voi e mi rivolgo specialmente a te, babbo: quando, quattro anni fa, tu e la mamma vi separaste il giudice mi affido a lei e quindi non ci possiamo vedere molto. Vorrei anche dirvi che mi dà noia che mi escludiate dalle decisioni che prendete, come se io fossi ancora un bambino piccolo. Un rimprovero che voglio fare soltanto a te, mamma: non mi mandi fuori da solo, non mi lasci andare al pattinaggio da solo, insomma mi consideri un bambino di cinque anni ma invece ne ho undici. Vorrei che tu avessi più fiducia in me, questo mi aiuterebbe ad essere più sereno e a diventare grande.
Michele
Tratto da: “Lettere dal limbo”, Morgana Edizioni
Discussione:
RVS: un bambino di undici anni con i genitori separati che si sente escluso dalle decisioni. Un bambino di quest’età ha diritto di essere consultato per le decisioni?
GT: io credo che sia importante rivolgersi ai bambini come a dei componenti a tutto tondo della famiglia, riuscendo a coinvolgerli nelle decisioni. Ci sono decisioni su cui possono avere un potere consultivo, anche se non decisionale. Occorre permettere ai figli di manifestare un pensiero, di avere un vissuto emozionale rispetto a quel determinato evento per poi assumersi noi la responsabilità di prendere determinate decisioni, il più possibile spiegandole.
RVS: il bambino rimprovera la mamma, esprimendo il desiderio di avere più libertà. Io capisco anche la mamma che è preoccupata.
GT: è un equilibrio sempre dinamico, difficile da trovare, fra permettere uno spazio di esplorazione e di autonomia e proteggere e limitare. Anche qui è importante riconoscere al bambino determinate competenze ma spiegare che, in questo momento, non può esprimerle per questioni relative alla preoccupazione della madre. Si può cominciare a mandare il figlio da solo per fare piccole commissioni, in luoghi prossimi e sicuri, cominciando così a valutare la capacità del bambino nello svolgere il compito assegnatoli. Spesso facciamo delle generalizzazioni molto grosse e non consentiamo di fare dei passi, sotto la nostra supervisione, ai nostri figli.
RVS: ci sono dei rischi?
GT: il rischio fa parte dell’esplorazione, della vita. Dobbiamo affidarci alle competenze di nostro figlio, se non concediamo mai questa possibilità corriamo comunque un rischio grosso.
Tra noi parliamo pochissimo e io ho paura a parlare perché mi rinfacciate sempre tutto. Se a volte mi prendono delle crisi, l’unico che riesce a farmele passare è mio fratello, voi vi comportate sempre in modo sbagliato. Tu, mamma, mi lasci stare ed il babbo mi minaccia di picchiarmi se non la smetto. Io ho bisogno di dire i miei problemi senza che nessuno mi faccia del male.
Cecilia
Tratto da: “Lettere dal limbo”, Morgana Edizioni
Discussione:
RVS: anche qui molti rimproveri per i genitori. La bambina chiede di essere ascoltata.
GT: più il clima familiare è pervaso dai giudizi, rimproveri, critiche e più diventa difficile, per i bambini, esprimere le proprie emozioni, il proprio vissuto, essere se stessi. La critica ed il giudizio inibiscono l’espressione.
RVS: c’è una critica positiva?
GT: laddove è molto specifica, molto circostanziata ed in cui si specifica il comportamento da criticare perché non adeguato, suggerendone uno diverso.
RVS: quindi anche la formulazione dei rimproveri è molto importante.
GT: il linguaggio è sempre fondamentale, più esso è generalizzato e riguarda la persona tout court, più si usa il verbo essere e più questo agisce sull’identità del bambino e non dandoli la possibilità di apprendere un comportamento specifico.
RVS: mentre per i bambini il linguaggio può essere a volte un po’ totalizzante, da parte dei genitori ci vuole più moderazione?
GT: i bambini, attraverso il loro linguaggio, si fanno portatori del nostro modello, un modello generalizzato. Il dramma è che poi lo riportano su se stessi: anche loro, quando sbagliano, si sentono profondamente “sbagliati” e quindi tutto questo va a incidere sulla futura autostima di se stessi, poiché diventa tutto sbagliato quando invece hanno sbagliato solo quella cosa.
Caro babbo, ti scrivo per dirti quanto ti voglio bene, sei bravo, sensibile, comprensivo; con te parlo volentieri perché sei un uomo dolce ed io ne approfitto perché so che tu non mi brontoli mai: a me questo non piace perché mi fa credere di essere una bambina che ha tutto e che può fare tutto quello che vuole. L’unica cosa che cambierei in te, infatti, è proprio l’indulgenza eccessiva che hai nei miei riguardi. I pochi rimproveri che fai sono giusti e io li comprendo, anche se poi piango perché mi pento dello sbaglio che ho fatto.
Cara mamma, a te scrivo per ringraziarti di tutto quello che in undici anni mi hai dato, mi aiuti, mi consigli, mi capisci; quando ho qualche incertezza mi fai parlare e mi aiuti a prendere le giuste decisioni. Alcune volte diventi troppo severa e, da te, vorrei più dolcezza e sensibilità. Babbo lo chiamerei “il dolce” e tu “la severa”.
Irene
Tratto da: “Lettere dal limbo”, Morgana Edizioni
Discussione:
RVS: una cosa curiosa, finora il babbo era sempre quello che stava per “menarti” mentre qui la critica è di segno completamente diverso. L’accusa è di essere addirittura troppo indulgente, questi papà non vanno mai bene?
GT: i bambini hanno una forte esigenza di trovare dei limiti al loro comportamento, sapere quando esso può essere giusto o meno. Un genitore che ha difficoltà nel misurarsi con le reazioni del bambino, circa i limiti posti, rischia di scadere nella compiacenza. Questo accade soprattutto nei genitori che hanno una bassa autostima, quindi la relazione con il figlio si ribalta perché la stima di se stessi è in funzione dell’approvazione del figlio. È piuttosto frequente cercare la conferma di essere bravi genitori nel consenso dei propri figli.
RVS: la bambina fa una distinzione fra la mamma, la severa, ed il papà, il dolce, può essere un problema una divisione così netta dei ruoli?
GT: inevitabilmente ogni genitore porta la sua specificità all’interno della relazione ed è difficile che i figli non abbiano una percezione diversificata dei genitori. L’importante è che non diventino differenze eccessive e ciò dipende da alcuni aspetti che rispondono alla domanda “cosa è veramente importante per i genitori?”. Qui ci dovrebbe essere un accordo molto forte, altrimenti si rischia di mostrarsi poco coerenti circa i valori della vita e dell’esistenza che si vogliono inserire nel modello educativo.
RVS: ci sono coppie in cui valori fondamentali non sono condivisi, mettiamo il tema della fede. In questo caso il bambino ha due atteggiamenti molto diversi che, nel caso migliore, hanno una certa tolleranza reciproca ma, nei casi peggiori, c’è un conflitto permanente.
GT: anche qui dipende dall’atteggiamento che i due genitori hanno rispetto a questa tematica. Se il bambino percepisce che hanno grande rispetto e che comunque passa un flusso di amore all’interno della coppia, si può avere fedi diverse: quello che più conta è la trasmissione amorevole. Se rispetto ad idee diverse o fedi diverse si insinua la pretesa di essere la verità, anche con una certa aggressività, il bambino ne risente e si lacera perché impossibilitato ad abbracciare entrambi, come vorrebbe.