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QUANTE VOLTE AVRO’ FATTO VERGOGNARE MIA FIGLIA

Categoria: In Radio
Tematiche: Genitori
QUANTE VOLTE AVRO’ FATTO VERGOGNARE MIA FIGLIA

“Un giorno, avrò avuto dieci o undici anni, la mamma mi obbliga ad andare con lei a fare delle compere. Osservando le vetrine dei negozi mi chiede un parere sul vestito che vuole comprarsi, io mi sento grande, importante e le espongo un giudizio sul colore e sulla linea; la mamma si arrabbia subito e mi prende in giro dandomi dell’incompetente. Io mi offendo e le rispondo che se fosse mia figlia le darei uno schiaffo ma invece fu lei a darmi un mar rovescio. Mi misi a piangere, sia per la vergogna, sia per l’ingiustizia subita, ma soprattutto perché mi sentivo una nullità. Quante volte avrà fatto vergognare mia figlia Serena, quante volte sono stata ingiusta con lei e le mie opinioni hanno contato di più solo perché io ero la più grande, la più forte? Sono anch’io una madre che può mortificare sua figlia? È meglio che non ci pensi altrimenti sto troppo male.”

 

Una storia tratta da: “Incontrare mamma e papà”, Berto e Scalari, edizioni Meridiana

 

Discussione:

 

RVS (Conduttore Radio Voce Speranza): un ricordo di una signora che è rimasta molto male per un’esperienza negativa, succede spesso che quando i genitori si aspettano qualcosa dei figli e ciò non corrisponde con la realtà succeda un “dramma”?

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): diciamo che è di uso corrente, noi viviamo con aspettative adeguatesi secondo i nostri parametri e se non riceviamo una risposta all’altezza si può passare al nervosismo, alla squalifica dell’altro fino all’indifferenza: non sempre abbiamo quella capacità di riconoscere la diversità del vissuto ed i parametri che l’altro ha messo in atto in quel momento. Esiste, da una parte, quel bambino interiore che si aspetta una risposta emotivamente adeguata e quindi reagisce a livello istintivo cioè arrabbiandosi o deprimendosi, però c’è anche un genitore interno che ha anche aspettative su come dovrebbe essere l’atteggiamento dell’altro. Pur senza mettere da parte nulla della nostra tensione valoriale, occorre anche ascoltare, capire: i genitori hanno il potere della reazione: non va dimenticato che ciò è un privilegio.

 

RVS: un potere che può essere abusato come nel ricordo della nostra storia. La figlia, ora divenuta madre, ha paura di potersi essere comportata nello stesso modo con la sua bambina.

 

GT: questo perché spesso non rispondiamo riflettendo ma reagiamo di istinto e quindi in maniera inconsapevole. Credo che alla signora si possa rispondere che sicuramente ci saranno stati episodi in cui noi abbiamo abusato del nostro potere, come è successo a lei con sua madre; sono situazioni inevitabili fino a che non ci cominciamo a rendere conto della dinamica ed abbiamo uno strumento in più per avviare una riflessione su quello che è accaduto.

 

RVS:  è difficile perché da una parte è giusto porsi delle domande, dall’altra è dannoso essere schiacciati dai sensi di colpa.

 

GT: il senso di colpa è una fuga dalla responsabilità mentre mettere in relazione il vissuto con l’atteggiamento verso la propria bambina è eccezionale, sarebbe un inghippo ridurre tutto ciò ai sensi di colpa.

 

RVS: come si fa a sfuggire dal dilemma del “non volerci pensare” salvandosi dalla coscienza e dell’esigenza di porsi delle domande.

 

GT: non ci hanno sufficientemente allenato a riflettere e prendersi la responsabilità delle nostre azioni per poi avviarci verso la possibilità di modificarle. Esiste la possibilità di modificarci una volta che abbiamo compreso. La signora della storia è da apprezzare per la sua messa in discussione, l’invito è a riconoscere cosa è successo episodio per episodio e riregistrare, eventualmente, la sua possibilità di intervento prendendosi la totale responsabilità.