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Sono contento di voi

Categoria: In Radio
Tematiche: La voce dei bambini
Sono contento di voi

LA VOCE DEI BAMBINI – SONO CONTENTO DI VOI – SONO TRISTE QUANDO SIETE TRISTI – FACCIO IL CATTIVO E VI CHIEDO SCUSA

Vi scrivo questa lettera perché tante cose che provo non riesco a dirvele ad alta voce, forse perché sono timido oppure emozionato. Sono molto contento di avere dei genitori come voi perché siete molto affettuosi, soprattutto tu, mamma, sei dolce e comprensiva; tu, papà, non passi molto tempo con noi perché il lavoro ti impegna tutto il giorno ma, quanto torni a casa, sei come un amico e  giochi sempre con me. Non potrei immaginare la mia vita senza di voi, forse sono molto attaccato a voi perché abitiamo in un luogo isolato e non ho amici con cui giocare durante il giorno ma penso che, se avessi degli amici vicini, sarebbe uguale, l’affetto per voi sarebbe sempre sincero e grande.

Alessandro

 

Tratto da: “Lettere dal limbo” di Guerrieri, Landi e Piagentini

 

Discussione:

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): una letterina che allarga il cuore.

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): non è facile trasmettere quello che è il riconoscimento affettivo. Nella nostra società si riesce più spesso ad esprimere le cose negative che quelle positive, è considerato un atto di debolezza esprimere l’affetto: per i canoni attuali, così facendo, ci poniamo in una condizione di vulnerabilità. I bambini avvertono subito quali sono le modalità che più possono essere vulnerabili per l’adulto.

 

RVS: è triste, soprattutto per i bambini, dato che uno si aspetta che essi siano molto spontanei.

 

GT: sono comunque molto condizionati culturalmente, dopo più di due o tre anni i bambini sono già sufficientemente strutturati ed attenti a quelli che sono i modelli educativi e culturali. Per evitare tutto ciò la migliore delle cose sta nel dare l’esempio, il bambino vede che esiste questo riconoscimento affettivo e che c’è l’espressione della gratitudine, perciò sicuramente ha più possibilità di esprimerlo a noi e a chi sta intorno.

 

RVS: nelle relazioni passate, soprattutto per quanto riguarda i padri, il contatto fisico con i bambini era visto come qualcosa di superfluo o, addirittura, un segno di debolezza.

 

GT: la vicinanza affettiva è molto legata al lato femminile di tutti noi, nello schema rigido dei sessi il maschio è quello che si distanzia e questo avviene, molto naturalmente, nei ragazzi, quando si avvicina l’adolescenza: una fase in cui hanno bisogno di maggiore distinzione dall’adulto.

 

La maggiore tristezza che possa avere un bambino è vedere i propri genitori tristi o in lite. Io non lo posso sopportare, farei qualunque cosa per vedervi felici anche se molte volte può sembrare di no. Quante volte ho pianto zitta zitta perché vi ho visto stanchi e scoraggiati? Quando vi ho visto contenti ho gioito semplicemente perché avevate fatto una bella risata.

Martina

 

RVS: una bambina che soffre perché vede genitori tristi.

 

GT: i bambini sono più attenti a quello che è il nostro atteggiamento non verbale, essi sono ancora più vicini all’aspetto più “animale” dell’espressione, quei segnali che sono i primi che noi conosciamo nella nostra vita perché ancora non abbiamo la parola ben sviluppata.

 

RVS: c’è la possibilità che i bambini fraintendono e vedono le cose più gravi di quelle che in realtà sono?

 

GT: capita molto spesso e soprattutto quando le cose non sono verbalizzate, quando rimangono nella mente del bambino. Il bambino non ha il senso del limite, credo che sia importante provare a spiegarli la cosa, nella spiegazione c’è già una forma di rassicurazione volta alla decodifica dei segnali, molto forti, sia visivi che uditivi, che il bambino non riesce a graduare e a stabilire che tipo di intensità abbiano. Il silenzio crea un terremoto interno e delle fantasie che il bambino non può controllare.

 

RVS: la bambina dice di non poter sopportare la vista dei genitori tristi. A volte si sente dire che un educatore pessimista sarebbe meglio cambiasse mestiere, per i genitori è più difficile.

 

GT: essere tristi, soprattutto in maniera duratura e non spiegata, significa dire no alla vita. Il bambino è nella fase della pienezza della vita e così gli arriva un impatto molto pesante da sostenere rispetto all’impulso alla vita.

 

RVS: in altre parole il momento in cui uno mette al mondo un figlio è un sì alla vita che non dovrebbe essere contraddetto?

 

GT: diciamo che dovremmo attraversare questa contraddizione, dovremo riconoscere questo sentimento per trasformarlo e per interrogarci su cosa è che ci fa appesantire nella vita, quando abbiamo davanti un bambino che ci presenta la Vita.

 

Cara mamma, alcune volte faccio il cattivo con te è per questo che voglio chiedere scusa. Non lo faccio per farti arrabbiare ma perché ho bisogno di un po’ di compagnia: essendo solo è come se qualcosa dentro di me cercasse di uscire però non gli riesce, così devo trovare il modo di sfogarmi.

Guido

 

RVS: una introspezione interessante in questa letterina, un bambino che si chiede il motivo del suo comportamento e riesce a trovare una risposta.

 

GT: lui stesso, riflettendo, trova nella mancanza di compagnia il problema, questi dialoghi interni nei bambini sono molto frequenti. Quello che spesso manca è la traduzione nella relazione: non è così semplice che riescano a portare questa riflessione nella relazione, forse per orgoglio, forse per la difficoltà nel trovare lo spazio o il tempo.

 

RVS: i genitori dovrebbero essere in grado di decodificare questi atteggiamenti?

 

GT: dovrebbero essere in grado di fare delle ipotesi su quel comportamento indisciplinato o irruento o capriccioso, in modo da avvicinarsi a quello che può essere il motivo profondo di quell’agire. Non bisogna fermarsi al dato superficiale del comportamento ma cercare di cogliere quello che sta un po’ sotto. I limiti sulla comunicazione fanno parte di tutti noi, sarebbe importante riuscire ad iniziare a riflettere sul nostro mestiere di genitore, cercare di acquisire lentamente e progressivamente il riferimento agli interrogativi che noi troviamo con nostro figlio.

 

RVS: ci sono degli aiuti esterni che possono arrivare al genitore?

 

GT: sempre più esistono gruppi per genitori: alcune volte le scuole altre le ludoteche organizzano degli incontri; certamente non sono così diffusi come dovrebbero.

 

RVS: questo è paradossale perché nella famiglia si crea la società.

 

GT: esatto, ogni giorno vediamo sui giornali come la famiglia sia continuamente citata ma, rispetto ai servizi fondamentali, ci sono lacune evidenti, soprattutto per quanto riguarda il trovare degli spazi di riflessione per continuare ad apprendere quello che è l’ascolto dei nostri figli e, di conseguenza, di noi stessi.

 

RVS: non c’è anche un pregiudizio culturale: “io sono il genitore, io capisco mio figlio, tu che c’entri?”

 

GT: c’è una sorta di gelosia del mestiere, qui dovremo sviluppare quella bellissima qualità che è l’umiltà, necessaria per qualsiasi leader e guida. In questa ottica segnali di disagio di nostro figlio diventano occasioni importanti di apprendimento, di nuove possibilità di presa di coscienza. Questo, per me, è un ideale importante da poter immettere nella comunità.