Le lettere dei bimbi ai genitori rivelano bisogni e timori
Presentiamo una serie di letterine scritte dai bambini ai genitori, tratte da: “lettere dal limbo” di Guerrini, Landi e Piagentini
Vi scrivo e vi dico che sono abbastanza contento di voi. Vorrei solo eliminare il tè o il latte la mattina e andare più tardi al letto la sera.
Tu mamma dovresti un pò smetterla di ossessionarti per i miei compiti. Vorrei uscire di più e, insomma, vorrei essere più indipendente. Spero che per esserlo non debba fare delle guerre anche perché in casa non c’è posto per cannoni e trincee. Ho dimenticato di dirvi una cosa: quando mangiamo cercate di variare i piatti, non fatemi studiare molto e soprattutto non tiratemi le orecchie quando non voglio dirvi qualcosa.
Stefano
RVS (conduttore Radio Voce Speranza): una simpatica lettera di questo bambino, Stefano. Mi sembra interessante la parte in cui chiede alla mamma di non ossessionarsi. Ci è spesso capitato che i bambini sentano che genitori o si disinteressano o diventino, al contrario, ossessivi. È vero?
GT (dott. Giuseppe Tomai): per noi genitori non è facile trovare l’equilibrio tra pressione ed attenzione da un lato e fiducia nella possibilità che i figli possano svolgere i loro compiti tranquillamente dall’altro. È un equilibrio sempre precario e dovremo sempre misurarci col nostro stato di ansia interiore rispetto a determinate prestazioni: viviamo in una società dove si chiede più di quello che è lo stato del nostro essere. I genitori stessi sono implicati in questo tipo di messaggio che danno ai figli. La stessa scuola, spesso, non aiuta tanto sovraccaricando i nostri ragazzi di compiti.
RVS: come si fa a capire se il nostro equilibrio è appropriato?
GT: questo è molto riferito all’ascolto dei messaggi dei figli, spesso ci mandano molti segnali di allontanarci dallo spazio di autonomia che necessitano. Ascoltare significa vedere e percepire segnali ricorrenti, quindi provare ad allontanarsi e testare se gli effetti siano realmente positivi.
RVS: ascoltiamo un’altra letterina, questa volta di una bambina.
Cari genitori vi scrivo per aprirmi di più a voi, a me piacerebbe molto confidarmi con voi e parlarvi dei miei problemi, di amicizia e qualche volta anche di ragazzi, come facciamo tra coetanei ma con voi non è possibile. Con te, mamma, non è possibile perché hai troppa paura e poca fiducia in me: non ti posso neanche dire come e chi è il ragazzo che mi piace sennò guai se mi ci vedi parlare insieme; forse perché sei rimasta incinta a 17 anni ed hai paura che succeda anche a me ma puoi stare tranquilla, non sono mica idiota.
Se mi faccio male ad una gamba, per esempio mentre faccio sport, non ti interessano i motivi e dici che devo stare più attenta, forse perché non ti piace lo sport. Invece se ho l’influenza, mi riempi di coccole e questo mi fa molto piacere. Quando prendo dei bei voti a scuola non mi fai festa mentre se prendo un’insufficienza mi sgridi a più non posso.
Venendo a te, babbo, non mi posso esprimere perché sei troppo lunatico, prendi tutto alla lettera e vuoi sempre avere ragione. Se faccio qualcosa di male lì per lì non mi dici niente ma quando torniamo a casa lo racconti subito alla mamma che poi mi sgrida. Nonostante tutto questo, io vorrei essere più libera, più ascoltata ma soprattutto considerata.
Rita
RVS: ricorre un’altra volta il tema della fiducia. Mi pare molto interessante la capacità di comprendere che alcuni atteggiamenti dei genitori arrivano da molto lontano, per esempio quando la ragazzina parla dello stato di gravidanza in età adolescenziale della madre. Credo anche che le bambine siano un po’ più mature rispetto ai maschietti.
GT: probabilmente le bambine hanno maggiore capacità di stare in contatto con le proprie emozioni, cosa storica rispetto al femminile che si è sempre dovuto occupare dell’allevamento dei figli quindi si può parlare sia di dote innata, sia di atteggiamento culturale alla protezione. Ci sono molte ricerche che riconoscono alle bambine una precoce capacità di raggiungere gli stati d’animo degli altri, in questo caso, anche dei genitori.
RVS: cosa ne pensi di queste osservazioni che questa bambina fa circa la sfiducia della madre nei suoi confronti ricondotta ad esperienze di vita del genitore.
GT: i bambini cominciano a fare ipotesi, cominciano a correlare fatti e, specialmente nelle famiglie in cui sono alla luce del sole quelle che sono state le nostre storie familiari, i bambini possono anche azzeccare tale ipotesi. Inoltre quando la bambina dell’ultima lettera rassicura la madre dicendo “mica sono idiota” ciò rende chiaro che quando non diamo sufficiente autonomia, il messaggio che passa è “tu sei inadeguata, sei incapace di provvedere a te”.
RVS: almeno esiste un dialogo con la mamma mentre appare più problematico quello col papà. C’è a volte una distanza del padre?
GT: noi padri tendiamo ad avere meno dimestichezza con le emozioni, in questo caso c’è un eccesso di impulsività, un atteggiamento che priva della possibilità di attendere. Nell’ascolto un altro aspetto molto importante è, appunto, l’attesa che permette di mediare le nostre emozioni. Certamente sono processi difficili, occorre lavorarci per apprenderli ma i nostri figli ci aiutano, sollecitando una dinamica relazionale che dobbiamo, volenti o nolenti, gestire.
RVS: ascoltiamo adesso un ulteriore letterina.
Ciao mamma, ciao papà, chi vi scrive è, per adesso, la vostra figlia più ragionevole. Anzitutto vi voglio ringraziare per tutto quello che mi avete sempre dato e per tutto quello che non mi avete fatto mai mancare. Babbo, ti voglio dire solo una cosa, non posso scrivere molto perché non ti conosco internamente, non conosco la tua vita né le tue abitudini ma ti prego di avere un po’ più cura di me e di mia sorella perché non ti sei mai dato da fare. Anche a te, mamma, chiedo di essere un pochino più comprensiva nei miei confronti, no no aspetta, sto sbagliando tutto; quello che voglio dire è che sei la cosa più importante nella mia vita e cerchi sempre di dare il meglio di te stessa, anche se a volte non te ne sono riconoscente. Stanotte ho ripensato all’altra sera e la mia conclusione è che tu devi credere di più in te stessa, devi sentirti forte e, a volte, te ne devi fregare della casa in ordine e dei letti rifatti.
Monica
RVS: una ragazzina che mostra di avere delle notevoli capacità di introspezione e di lettura dei sentimenti altrui. Inizia con un ringraziamento, non so se puramente formale o sentito, poi però cominciano le critiche. Innanzitutto è reale il sentimento di gratitudine?
GT: direi che sia un ringraziamento sincero ancorché spesso poco manifestato. D’altronde non è molto diffuso, come modello culturale, l’esplicitazione di un sentimento di gratitudine, non solo per quanto riguarda il rapporto genitori e figli. Spesso fra il pensiero e la parola c’è grande distanza, sentiamo che altrimenti manifesteremmo una debolezza, mentre sarebbe la parte più alta dell’essere umano, raccontare il proprio bisogno dell’altro, la necessità di stare con una persona.
RVS: ancora una volta la figura del papà emerge come piuttosto assente. Questi padri se ne rendono conto di quanto sia grave questa mancanza nel rapporto educativo, è un dato culturale che persiste nel nostro paese oppure le cose stanno migliorando?
GT: l’archetipo della delega dell’allevamento dei figli alla madre è ancora forte e ciò sovraccarica le donne, soprattutto oggi che debbono, spesso, lavorare. Tuttavia dovrebbero anche le madri fare maggiore pressione al partner affinchè colmi questa mancanza e riporti un equilibrio.
RVS: sono molto interessanti anche i consigli da psicologa che la bambina dà alla madre nel finale di letterina.
GT: i figli riescono spesso a mettere l’accento sui nostri limiti. Una madre contenta, più autonoma e felice renderebbe più sereni anche i figli.
RVS: è impressionante quando la bambina incoraggia la madre a credere di più in se stessa, forse lei sente delle osservazioni che le hanno fatto i genitori e le rivolge a loro stessi.
GT: in parte è così, in parte riconoscono che ci può essere una bassa autostima e delle potenzialità non sviluppate. Spesso ci sono madri che hanno studiato ma che rinunciano a una vita sociale più ricca, concentrandosi eccessivamente nella casa e nella famiglia, dunque un po’, anche i bambini, ne soffrono insieme a loro.