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Voglio più bene a papà perchè mi dice sempre si

Categoria: In Radio
Tematiche: Genitori
Voglio più bene a papà perchè mi dice sempre si

LA TESTIMONIANZA DI UN GENITORE TRATTA DAL LIBRO " INCONTRARE MAMMA E PAPPA" DI BERTOSCALARI

Un giorno mia figlia mi chiede di andare in discoteca con le sue amiche. Lo chiede a me perché sa che sono più disponibile, rispetto a suo padre, a comprendere le sue richieste. D’altro canto è matematicamente sicuro che mio marito le avrebbe risposto immediatamente di no, senza nessuna giustificazione o spiegazione. Io, invece, sono piena di dubbi: sto sulle spine perché non so se risponderle di sì o di no. Di fronte alla sua insistenza le dico di sì: via il dente, via il dolore. Quando ritorna a casa le chiedo se si sia divertita ma lei, tutta arrabbiata, mi risponde che si era trovata malissimo e, dandomi la colpa di quella situazione, mi dice che avrei dovuto impedirle di andare in discoteca, se fossi stata una brava mamma, perché lei li si sentiva come un pesce fuor d’acqua. Conclude ferendomi mortalmente così: “il papà mi vuole più bene di te”. Io non la capirò mai.

Tratto da: “Incontrare mamma e papà” di Berto e Scalari

Discussione:

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): innanzitutto diciamo che c’è, ancora una volta, un cuneo tra la volontà del padre e quella della madre.

GT (dott. Giuseppe Tomai): quello che per il padre è una cosa ancora inadeguata, per la madre può essere un’esperienza interessante. È difficile dare un’età certa che sia più adeguata alla discoteca, tutto è delegato alla conoscenza del figlio, alle reali capacità del muoversi nel mondo ed anche ai limiti dei genitori e ai loro valori.

RVS: lì i pericoli possono esistere, si viene a contatto con molti estranei.

GT: è un po’ una nascita sociale, da una parte è perciò necessario avviare processi di sganciamento e autonomizzazione ma dall’altra ci vuole attenzione e una certa regolazione; una polarizzazione eccessiva in una direzione o nell’altra crea degli squilibri.

RVS: in tanti hanno grandi perplessità rispetta a certi ambienti, si sa che in discoteca può girare la droga e che tornare in macchina a tarda notte è pericoloso. Fino a che punto ci si può spingere in un divieto, partendo da queste perplessità?

GT: per certi versi credo sia legittimo il divieto ma occorre porlo, in relazione all’età, comunque con spiegazioni e con un dato di comprensione e di ascolto: se si parte con una negazione e quella è l’unica istanza educativa, il ragazzo può anche essere costretto a stare alle decisioni dei genitori ma, dato che non è ascoltato, comincia a covare rabbia e vendetta: quando avrà la possibilità di sganciarsi il prezzo da pagare sarà alto. Il genitore deve prendersi la responsabilità della sua decisione ma su un piano affettivo di comprensione molto profondo.

RVS: nella testimonianza la madre ha ceduto alla figlia, pur a malincuore, ma il colpo di scena arriva quando la ragazza torna dalla discoteca: la mamma viene accusata di non aver fatto niente per aiutarla. Ha ragione la figlia?

GT: noi sappiamo che certi divieti orientano il ragazzo, a volte anche se sono accettati malvolentieri, in fondo, c’è riconoscimento che era importante quel limite poiché da soli, ancora, i nostri figli non sono in grado di darselo. Il genitore deve fare da filtro nel determinare quali sono le esperienze che i ragazzi possono fare.

RVS: per quanto riguarda una madre che si sente dire che il padre è migliore di lei?

GT: qui si innesca una competizione, in realtà dietro questa concessione che fa alla figlia, sotto sotto, lei voleva apparire più brava è più buona del marito. Inconsapevolmente la madre accusa questo tipo di istanza e di autorità come rimando di una benevolenza nei confronti della figlia: ecco perché poi c’è la delusione.

RVS: è frequente questa competizione?

GT: circola piuttosto frequentemente, a livello inconscio sicuramente ma soprattutto a un livello in cui c’è poca presa di coscienza del significato di questa competizione: essa deriva da una bassa autostima che ognuno di noi può avere e si cercano conferme da parte dei figli. La situazione viene, perciò, ribaltata con il genitore che chiede conferma ai figli. Comunque non dobbiamo drammatizzare, in una sorta di normalità educativa questo aspetto lo ritroviamo spesso, quello che mi preoccupa è la mancanza di un approccio di consapevolezza: questo il nostro mestiere, cominciare ad aiutare i genitori ad accorgersi di questo tipo di modalità perché mette in luce un aspetto della sua personalità carente e quindi c’è modo di recuperarlo.

RVS: cosa cambia quando arriva questa consapevolezza?

GT: intanto il genitore diventa più distaccato, non si identifica totalmente nella situazione.

RVS: la madre finisce dicendo che non capirà mai sua figlia in realtà, detto un po’ brutalmente, è lei che dovrebbe capire se stessa.

GT: è così, dovrebbe capire che ha queste aspettative e che esse sono legate a richiedere, a una bambina interna, una conferma. Preso atto di questo le aspettative diminuiscono e quindi anche la proiezione sulla figlia diminuisce.