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VOI LITIGATE E PER ME è UNA TORTURA

Categoria: In Radio
Tematiche: La voce dei bambini
VOI LITIGATE E PER ME è UNA TORTURA

Dalle lettere dei bimbi e dei ragazzi una richiesta di dialogo e attenzione

Presentiamo una serie di letterine scritte dai bambini ai genitori, tratte da: “lettere dal limbo” di Guerrini, Landi e Piagentini

 

Alcune volte quando voi, mamma e papà, litigate per piccole sciocchezze vorrei trovarmi in un altro mondo per non sentirvi, per me ascoltare i miei genitori che si insultano a vicenda è come una tortura.

Laura

 

RVS (conduttore Radio Voce Speranza): letterina per certi versi drammatica ma rappresenta una situazione frequente, forse perché i genitori non riescono a capire qual è l’impatto emotivo dei loro litigi presso i bambini?

 

GT (dott. Giuseppe Tomai): sicuramente il litigio fa parte della vita ma, in alcune situazioni, c’è un eccesso riguardo la frequenza con cui questo viene messo in atto all’interno della famiglia. Il timore per l’intensità del litigio è molto frequente nei bambini nonchè negli adolescenti dove, apparentemente, i ragazzi sembrano molto più distratti rispetto alle dinamiche familiari. Il litigio diventa simbolo di una disgregazione familiare nel bambino, anche laddove non è così.

 

RVS: la stessa bambina si rende conto della banalità che scatena le discussioni.

 

GT: ed ha ragione poiché spesso è davvero così e si esasperano spesso gli aspetti aggressivi della persona, arrivando sino all’offesa.

 

RVS: è possibile limitarsi quando si litiga, perlomeno davanti ai figli?

 

GT: abbiamo il dovere morale di farlo, limitandoci emotivamente e controllando i messaggi, spesso non verbali, che il bambino potrebbe dare durante una discussione. I bambini capiscono sempre e sono particolarmente sensibili: occorre tenerlo presente.

 

Non mi voglio rimproverare ma vi voglio parlare di alcuni aspetti del vostro carattere e delle vostre abitudini che nel corso di questi anni non mi sono piaciuti. A volte ho portato un brutto voto a casa e voi mi rimproverate ed a volte mi ricattate: questo a me non va molto bene, vorrei che prendeste la situazione con calma e discuteste con me perché io starei ad ascoltarvi. Non potete pretendere che io faccio tutto perché io provo a saltare ma fino a un certo punto, se il livello è troppo alto non ce la faccio. A te, babbo, chiedo di occuparti degli impegni con la tua famiglia rispetto al tempo che passi con gli amici.

Sebastiano

 

RVS: anche in questa letterina è il bambino che sembra il genitore. Cosa intende il bambino per “ricatto” dei genitori?

 

GT: ci sono delle aspettative che i genitori hanno nei confronti dei figli rispetto a determinate prestazioni ed alla conseguente punizione che scatta nel momento in cui il bambino non raggiunge quel livello di prestazione.

 

RVS: il bambino chiede addirittura di discutere la situazione con calma, parlando. È un piccolo psicologo!

 

GT: i bambini esprimono frequentemente delle verità e delle profondità che sono favolose. In questo passo il ragazzino chiede il permesso di pensare, cioè la volontà di manifestare il proprio pensiero all’interno della dinamica familiare. Tale richiesta è diffusa ed esplicitata in molte di queste letterine. Il bambino manifesta anche un’ansia da prestazione, ormai la propria identità è legata al livello delle nostre prestazioni, ciò è pazzesco e noi genitori immettiamo involontariamente tale “aria” che tutti respiriamo. D’altronde la prestazione ci consente di sopravvivere bene in questa società, perciò il genitore agisce a fin di bene, però poi arriva l’ansia, anche nel bambino.

 

RVS: non c’è il rischio, se si va nell’altra direzione, di offrire pochi stimoli al bambino?

 

GT: oggigiorno questo non è un problema, adesso il compito è di filtraggio e di selezione rispetto agli stimoli in eccesso.

 

RVS: ancora una volta, viene espresso un disagio nei confronti dell’assenza della figura paterna all’interno della famiglia.

 

GT: probabilmente il bimbo si fa portavoce del disagio della mamma, disagio non sufficientemente canalizzato all’interno della dinamica di coppia e quindi riversato anche sul figlio, appesantendolo di responsabilità che rischia di portarsi dietro anche in età adulta.

 

 

Vi ringrazio per quello che fate E state facendo. Molte cose sono cambiate da quando mangiavo la pappina, ho dodici anni ma dentro di me sento la maturità di una ragazza di diciassette anni. Dovete sapere che io ho problemi molto grandi e gravi e perciò tutti mi dicono che sto vivendo la vita di una nonnetta di sessanta anni, anche se non è vero perché loro non sono me, non sanno quali sono i problemi che ho. Ciò che mi dà più fastidio è che le persone tentano inutilmente di capire il mio interiore e danno per mio conto interpretazioni assurde. Per questo vi chiedo aiuto ma quando vi parlo mi trattate come una stupida infantile; con te mamma ho tentato di esprimermi ma è stato inutile, per te la parola mamma esprime un’autorità e quindi non puoi essere amica di nessuno. Ovviamente io ne risento e quanto mi rivolgo a te per parlarti di ragazzi e confidarmi, mi tratti come una… Ed ecco che inizia a farmi la parte. Invece tu, papà, fai il doppio gioco perché quando mi confido fai finta di capirmi ma poi a tavola mi sento dire da te che non concluderò niente nella vita e nella scuola, dici che mi andrà sempre peggio a causa dei soliti argomenti, cioè i ragazzi.

Romina

 

RVS: questa ragazzina manifesta un’irrequietezza per il fatto di sentirsi più grande della sua età, non mi sembra una situazione rara.

 

GT: è difficile per i genitori stare al passo dei cambiamenti dei figli, spesso rimane di loro un’immagine arretrata, senza le evoluzioni rapide che ci sono nei ragazzi.

 

RVS: che significa quando la ragazzina dice che tutti le dicono che sta vivendo come una nonnetta di sessant’anni?

 

GT: significa che sente una differenza rispetto agli standard dei suoi coetanei, età in cui c’è una proiezione di appartenenza dal gruppo familiare a quello amicale.

 

RVS: la ragazza accusa la madre di essere autoritaria e il padre di svalutarla, ma i genitori possono essere amici dei figli?

 

GT: no, è un’aspettativa della bambina ma che non può essere realizzabile in toto, si può stare vicino ai nostri figli ed essere buoni ascoltatori ma il mestiere di genitori è più complesso e ci sono dei “no” che vanno dati. Questo crea inevitabilmente una piccola frattura, una separazione e ciò è positivo perché i figli non debbono essere amici nostri ma trovarsi il loro proprio spazio amicale.

 

RVS: Romina introduce anche un tema complicato, quello della sessualità: rimprovera ai genitori di essere trattata quasi con disprezzo, per la sua attrazione che prova nei confronti dei ragazzi.

 

GT: spesso si fa confusione fra quello che è il semplice riportare, narrare il vissuto emotivo in contrapposizione al comportamento reale; non necessariamente le due cose coincidono e, se si permette il riconoscimento di una pulsione naturale che inevitabilmente arriva, questo può anche mitigare la possibilità di tradurla in atto. Se ci avviciniamo a questi vissuti con animo impaurito, siamo già nella proiezione comportamentale dell’atto mentre in realtà non è così.

 

Non siete una guida sicura per me perché vi preoccupate molto di come mi comporto a scuola e poi non vi accertate nemmeno se ho fatto i compiti.

Giacomo

 

RVS: un giudizio piuttosto severo in questa breve letterina, preoccuparsi senza occuparsi.

 

GT: rientra spesso nelle nostre modalità questa incongruenza, ci preoccupiamo rispetto a un risultato massimo ma siamo meno attenti a come ottenere determinati risultati.

 

RVS: non è che i genitori hanno sempre meno tempo per seguire i bambini, per esempio nei compiti?

 

GT: unire le esigenze del lavoro con quelle della famiglia è una sfida molto grande, richiede una creatività ed un impegno notevole. Occorrerebbe stare un po’ vicino al bambino mentre sta facendo le cose e riconoscere anche la fatica che fa in determinati aspetti. Spesso si pensa ai risultati finali tralasciando che, per i nostri bambini, la realtà della scuola è stata dura, è stata faticosa e questo va riconosciuto soprattutto perché spesso gli chiede cose che non sono in sintonia con il nostro essere, ma le dobbiamo fare comunque. La vicinanza dei genitori permetterebbe al bambino di essere capito, e ciò rappresenterebbe una base anche per fare dei progressi sul piano cognitivo. Sarebbe opportuno anche condividere con il figlio passioni nei confronti di particolari materie, dare il senso a ciò che si sta studiando ci dà anche la possibilità di apprenderlo: questo il compito sia degli insegnanti che dei genitori.